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libro primo - capitolo nono 267


la Francia medesima offriva la mediazione. Ma siccome nel loro programma aveano pur dichiarato di esser pronti a ripigliare la guerra «coll’aiuto dei nostri potenti vicini», egli è chiaro che, se non mentivano, non disperavano d’impetrarlo. E se si affidavano di averlo per un tempo in cui dovea riuscire molto difficile o forse impossibile, donde nasceva la presente disperazione, mentre la promessa era fresca e l’impegno non rivocato? Il generale Cavaignac ci soccorreva certo di mala voglia per le ragioni che abbiamo vedute; onde accolse cupidamente l’idea della mediazione che lo proscioglieva da un obbligo dispiacevole. Ma egli è uomo onorando e si era tolto ogni via al rifiuto quando, interrogato da noi condizionalmente, ci aveva fatto rispondere che «se il governo piemontese persisteva a chiedere l’aiuto della Francia, l’onore la stringeva a concederlo»; parole da me ricordate ai 20 di ottobre nella Camera dei deputati. E ancorché avesse voluto recedere, non avrebbe potuto, perché l’assemblea francese s’era impegnata anch’essa e ci favoriva1. Che doveano dunque fare i rettori del Piemonte, se fossero stati teneri del proprio decoro, desiderosi della salvezza d’Italia e pronti ad accettare il rinforzo francese? Doveano persistere nel domandarlo, ricordare l’obbligo contratto ai governanti della repubblica, metter sú i giornali amici, fare un appello all’onor della Francia e servirsi dell’assemblea constituente che ci era benevola per costringere il magistrato esecutivo all’osservanza della promessa. Solo quando ogni sforzo fosse riuscito inutile, essi poteano far buono l’altro

  1. Da che sono di ritorno in Francia, avendo interrogato su questo proposito alcuni personaggi che appartenevano al governo di allora, tutti unanimi mi risposero che se la Sardegna perseverava nella domanda del sussidio, era impossibile alla Francia il rifiutarlo. E certo chiunque legga gli atti pubblici di quel tempo non potrá sentire altrimenti. Fra i molti luoghi ne allegherò un solo, cioè le parole seguenti del signor Lamartine, applauditissime dall’assemblea. «Dès les premiers jours, nous avons fait communiquer aux puissances italiennes la volonté ferme d’intervenir au premier appel qui nous serait fait, et par un acte conforme à cette déclaration nous avons réuni à l’instant au pied des Alpes d’abord une armée de trente mille hommes, puis une armée qu’en peu de jours nous pouvons porler à soixante mille combattants, et elle y est encore» (Séance de l’assemblée nationale du 23 mai 1848).