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286 del rinnovamento civile d'italia


ai democratici, screditato presso i savi dall’anteriore sua amministrazione. Parve anche un po’ strano che per rifare il governo si ricorresse a due uomini, l’uno dei quali non avea fatto nulla per la causa italiana, l’altro l’avea mandata a male coi piú solenni spropositi. Ma per quanto la scelta dei nuovi ministri fosse cattiva, peggio ancora sarebbe stato il disfarla, perché l’Austriaco sulla Sesia, Genova tumultuante, Savoia fremente, Torino atterrita non pativano indugio. La sera dei 28 di marzo venne da me il Pinelli addolorato e piangente, perché la Camera l’aveva accolto cogli urli e coi fischi: non trovare compagni, tutti ritrarsi, mancargli lo spirito e la favella, voler lasciare il carico ricevuto dal principe. Era arte per indurmi a quello ch’io feci? o sincera espressione dell’animo suo? Stupii a vederlo cosí prostrato di cuore: cercai di consolarlo, gli feci coraggio e mi proffersi a collega ma senza portafoglio, per rimuovere colla mia presenza le incertezze di molti. Il lettore può immaginarsi quanto mi costasse l’esibizione; la quale fu accolta cupidamente, come quella che toglieva il ministero nascente e pericoloso di morire in fascie da un impaccio gravissimo. Né le mie speranze furon deluse, e il dí seguente senza alcuna fatica fu compiuto il Consiglio. Giovanni Ruffini avendo in quel mezzo rinunziata la legazion di Parigi (di cui aveva adempiuti i carichi con pari lealtá e destrezza), mi si propose di sottentrargli per indurre la repubblica ad agevolarci, aiutandoci in qualche modo, una pace onorevole. Non mi parve vano l’intento; e benché dopo tutto l’accaduto avessi luogo di sospettare che l’ambasceria mirasse a un colorato esilio (e altrettanto credevano molti de’ miei buoni amici), non giudicai di dovere per motivo personale rifiutare un ufficio che potea darmi il modo di giovare alla patria, se le intenzioni dei commettenti rispondevano alle parole. E anche non l’avea discaro, per fare un’ultima sperienza della sinceritá e dell’amicizia di Pierdionigi Pinelli. Non apposi alcuna condizione, salvo che, parendomi necessaria pel buon successo l’unitá del Consiglio e dell’indirizzo nei negoziati, il ministero e in particolare il Pinelli mi assicurarono in termini formali che, trattandosi di sollecitare i buoni uffici eziandio