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libro primo - capitolo decimo | 327 |
accidenti: il ministro promette forse giustizia e riparazione? No; il Pinelli distingue fra assembramenti incoati e assembramenti compiuti, ed afferma che per questi non richiedesi l’osservanza delle leggi. Ed egli è ministro costituzionale! Si fa censore di teatri e si difende nei piccoli giornali; ristaura una specie d’inquisizione negli ordini amministrativi; confondendo sottilmente le due idee di governo e di ministero, tiene sospesa la spada di Damocle sul capo degl’impiegati che non approvano la sua politica; della generosa emigrazione lombarda parla quasi di ospiti tollerati, come se il governo non fosse stretto verso di lei dai piú sacri doveri; assolda la minuta stampa e si scusa col dire che la risarcisce delle perdite sofferte pei moti di Genova»1.
Cotali trascorsi, benché versino intorno a cose di rilievo secondario, arguiscono un uomo poco atto e degno di reggere un popolo libero e civile. E quand’anche fossero soli, basterebbero a conquidere la riputazione di un uomo di Stato; tanto che se il Pinelli dovette ad altri i princípi della sua fama nei pubblici negozi, egli ha obbligo solo a se stesso di averla intaccata e ridotta al niente. Nel nostro primo screzio egli avea per sé la calca dei municipali e quella dei retrogradi, che loro si accostavano. Possedeva inoltre aderenze domestiche, clientele forensi, numerose amicizie e, come la Discordia del poeta,
avea dietro, dinanzi e d’ambi i lati |
Io al contrario, ripatriato dopo lungo esilio, mi trovava quasi in un mondo nuovo, privo di amici politici che mi fossero intrinseci, di consorti e di aiutatori. Avea per me il popolo e il grido universale, non le sètte né gli uomini raggiratori e procaccianti; anzi questi e quelle a breve andare mi divennero aperti nemici. Ciò non ostante, il Pinelli e la sua fazione furono vinti; e se i democratici o almeno il principe mi avessero