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libro primo - capitolo decimo | 331 |
Tartaro e strettagli per affetto, bisogni e aderenze. Per quanto il Pinelli sia novizio in politica e poco versato in geografia, mi si fa duro a credere ch’ei separi nel suo pensiero il patrocinio dei due imperatori, o mesca le acque del Po con quelle del Volga e del Boristene. Accennando alla Russia, egli mirava all’Austria che non osò nominare per verecondia; e in tal modo venne intesa la sua sentenza dagli uditori. L’amore dell’Austria non è nuovo ai municipali, e può parer domestico al nipote di Ferdinando Dalpozzo, quasi per genio proprio e retaggio della famiglia.
Quest’ultimo tratto di semplicitá ineffabile dee chiarire anche i piú scredenti che l’amico è tuttavia pronto a «salvar» la patria, come ha fatto in addietro; pronto a ripetere, senza mutarvi un pelo, la sua politica del quarantotto. Ora nei tempi gravi che corrono e nei gravissimi che verranno (sieno vicini o lontani, non rileva), gli errori commessi sarebbero ancor piú pregiudiziali; e come costarono all’Italia quanto avea di piú caro, cosí precipiterebbero il Piemonte nello stesso infortunio. Una stretta e vecchia amicizia e una fiducia intima m’indussero a celebrare il Pinelli e a fare ogni opera per dargli un credito, di cui abusò con danno universale. Quante volte in appresso ebbi a pentirmene! quante volte provai quasi un rimorso delle condiscendenze usate e delle parole dette in suo favore! Possano almeno rimediarvi quelle che ora scrivo e far sí che il male avvenuto non si propaghi nell’avvenire. Poiché egli non ha il buon giudizio di ristringersi a quegli uffici dove può esercitarsi con proprio onore e profitto comune, tocca agli altri il tôrgli di uscirne. Imperocché io voglio fare questo pronostico: che se il Pinelli avesse di nuovo in sua balía l’indirizzo delle faccende, il Piemonte ne riporterebbe quei frutti che l’altra Italia ne colse pochi anni sono. Né giova il dire ch’egli ami il paese e sia tenero dei nostri instituti, ché questi amori scompagnati dal senno non provano, e piú nuoce un imprudente amico che molti nemici. Io non parlo per risentimento privato e gli perdono volentieri i danni miei propri, ma non posso perdonargli quelli che ha fatti alla mia patria, e debbo, per quanto mi è dato, ovviare