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128 del rinnovamento civile d'italia


con acerbi rimproveri la vita colpevole di Ottone imperatore, ne celebra con singolare affetto e magniloquenza la morte.

L’equitá vuole che discorrendo i difetti dei principi non si scordi la parte notabile e quasi fatale che vi hanno i cattivi influssi del grado e dell’instituzione. La prima giovinezza di Carlo Alberto fu quasi ineducata, non per colpa della madre, donna ottima e virile, ma dei tempi. Da che egli cominciò a regnare, l’adulazione e la viltá cortigiana lo avvezzarono talmente a non trovare chi replicasse, che in ultimo, quando la gravitá e l’ imminenza del pericolo indusse molti a dirgli il vero, le rimostranze e le ammonizioni tornarono inutili. Amava per natura la gloria, ma l’amore tralignava spesso in invidia e gelosia meschina, quasi che l’altezza degli altri la sua aduggiasse. Voleva aver solo il nome, il credito e il merito delle imprese; e non essendo capace di condurle col proprio senno, astiando quello degli altri le rovinava senza rimedio. E siccome non poteva affatto ignorare la tenuitá delle proprie forze, quelle degli altri lo ingelosivano, stimando con quell’antico imperatore «pericoloso se un cittadino privato ha piú rinomo del principe»1, e recando tale angustia d’animo non solamente nel governo del regno ma eziandio nell’indirizzo della famiglia. Sventura antica d’Italia, poiché giá il Machiavelli si doleva a’ suoi tempi che «i principi italiani quella virtú, che non era in loro, temessero in altri e la spegnessero; tanto che non l’avendo alcuno, esposero quella provincia a quella rovina, la quale dopo non molto tempo la guastò ed afflisse»2. La vaghezza di primeggiare influiva forse senza sua saputa nella religione che professava. La quale non era finta ed ipocrita, come dissero i suoi nemici, ma tendente a superstizione, parte per abito di natura e parte per difetto di tirocinio. Guidata dal terrore anzi che dall’amore, meno sollecita della sinceritá e generositá delle parole e delle opere che delle pratiche esterne,



  1. Tac., Agr., 39. «Regibus boni quam mali suspectiores sunt, semperque his aliena virtus formidolosa est» (Sall., Cat., 7). «Ogni maggioranza d’ingegno suol essere odiosa al principe» (Tasso, Il Malpiglio).
  2. Stor., 7.