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capitolo decimoquarto 129


delle divozioni, delle penitenze, nelle quali egli eccedeva a scapito della salute; tanto che un cortigiano ebbe a prenunziargli che un di sarebbe adorato sopra gli altari. Pia adulazione, ch’egli ributtava con umiltá cristiana, ma forse non senza un certo diletico d’involontario compiacimento.

Era irresoluto in eccesso e quindi incostante; dal che nacquero le sue vicissitudini politiche e in gran parte i suoi traviamenti. Pose mano da giovane a una grande impresa, poi se ne ritrasse. Divenuto principe, ondeggiò lungamente fra le massime piú contrarie, ora mostrando buon viso ai liberali, ora dandosi in preda ai retrogradi. Il governo stretto però si affaceva meglio del largo alla sua tempera. Niuno ignora quanto penasse a dar le prime riforme e come le sue esitanze gli procacciassero il soprannome di «re tentenna». Le perplessitá dello spirito erano in lui accresciute dalla fievolezza di cuore, tanto timido nei pericoli civili quanto intrepido nei marziali. Singolare accozzamento in un solo animo di due nature diverse e quasi repugnanti, le quali il rendevano piú che uomo in sui campi e men che femmina nel suo palazzo. Quindi è che nei tempi torbidi era altrui facile raggirarlo collo spavento; e a tal cagione, anzi che a natura perversa e crudele, si vogliono attribuire le sue colpe nel ventuno e le fiere esecuzioni che macchiarono di sangue il nascente suo regno. Gli uomini deboli sogliono essere cupi ed infinti, cercando di supplire colla simulazione e l’astuzia al vigore ed al senno di cui si sanno manchevoli. A questa tendenza naturale, massimamente nei grandi, si aggiunse in Carlo Alberto la consuetudine contratta da privato: tenuto lungamente come servo benché principe succedituro, e per cancellare le memorie passate costretto a nascondere tutti i suoi pensieri. Imperò egli apprese a praticare fin dai primi anni la massima di Ludovico undecimo re di Francia: «Qui nescit simulare nescit regnare», usandola eziandio nei pubblici negoziati; il che gli tolse di fuori ogni credito e concorse a render piú gravi le sue ultime sciagure. Tanto in politica la lealtá prova meglio del suo contrario! Coloro che ebbero occasione di praticarlo sanno molto bene come fosse abile a coprir l’avversione e il dispregio colle carezze. E come


V. Gioberti, Del rinnovamento civile dell'Italia - ii.

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