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CAPITOLO SECONDO

della monarchia e della repubblica


Non è qui mio proposito di far l’elogio o la critica degli ordini regi e dei repubblicani considerati in se stessi e assolutamente, ma si bene di ricercare qual sia la probabilitá di successo che si possono promettere nel futuro riordinamento di Europa. Siccome però ad alcuni, voglio dire ai puritani, il solo dubbio in questo caso può parere cattivo segno, quasi che argomenti ignoranza dei bisogni e dell’indole dei nostri tempi, uopo è che io premetta alcune considerazioni generiche intorno al valore delle forme governative. Dico adunque doversi distinguere due spezie di «forma», secondo che questa voce si piglia all’antica o alla moderna. Gli antichi, e principalmente Aristotile, intendevano sotto nome di «forma» l’ idea o essenza intrinseca delle cose, laddove i moderni sogliono significare con questo vocabolo il loro modo di essere estrinseco ed accidentale. Ora la monarchia civile e la repubblica, considerate in astratto, sono bensí due forme distinte di polizia nel sentimento odierno ma non giá nell’antico, conciossiaché il divario che corre fra loro (stando sempre fra i termini teoretici) si riduce semplicemente a una modificazione del magistrato esecutivo. La forma essenziale del buon reggimento, la quale può essere comune cosi allo Stato popolare come al regno, consiste nella dialettica, per la quale esso viene ad armonizzare con tutti i componenti che in effetto si trovano. I quali variando secondo i luoghi e i tempi, variano ancora in concreto le ragioni del dialettismo. Ma questo in qualunque