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libro secondo - capitolo secondo 221


Ora, passando dalla forma essenziale all’accidentale, egli è indubitato che il governo misto, eziandio nei termini che meglio si addicono ai di nostri, può essere regio o repubblicano, come anche il governo semplice può essere l’uno o l’altro, atteso che l’assesto della potestá esecutiva non tocca l’essenza del reggimento. Onde quelli che stimano la repubblica per sé essere popolana e la monarchia aliena dal popolo, non se ne intendono, giudicando delle cose dai nomi, quasi che l’antica Roma prima dei Gracchi e la Venezia del medio evo non fossero di gran lunga piú aristocratiche di ogni odierno principato civile. A coloro cui pare strano che lo Stato regio possa essere eziandio di popolo, piano è il rispondere che la sola sua proprietá essenziale è l’ereditá del sommo magistrato. Ora cotal reditaggio non offende certo la libertá e non distrugge né anco l’uguaglianza sostanzialmente. Imperocché l’inegualitá dei gradi è inevitabile anco nelle repubbliche piú democratiche, e non è innaturale né illegittima quando non è frutto di arbitrio o di violenza ma di merito e di elezione. Perciò la monarchia legale, che dipende dall’eletta espressa o tacita della nazione, non si distingue da una signoria repubblicana, se non in quanto nel primo caso la nomina si fa a vita e non cade su un individuo ma sopra una famiglia. La vita naturale della famiglia si mantiene per via di generazione e di successione, la quale negli ordini civili ha per base il reditaggio, giacché senza una proprietá di qualche genere e la sua tramissione non si dá consorzio domestico. Da ciò risulta l’unitá della famiglia, simile a quella della nazione; laonde come questa si denomina dal «nascere», cosí ad entrambe è comune il nome di «gente», che viene da «generazione»; e nella buona favella le voci di «nazione» o «stirpe» e di «famiglia» si scambiano, perché in effetto le cose da esse rappresentate hanno lo stesso vincolo e fondamento, distinguendosi solo fra loro come il generale dal particolare1.



  1. «Mori il vescovo... Chiamato ne fu per simonia un altro di vile nazione» (Compagni, Cron., 3). «Era della famiglia sua un garzone, | allevato da lui, d’umil nazione» (Ariosto, Fur., xxviii, 2i).