Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 2, 1911 - BEIC 1832860.djvu/287

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ha gran parte, i mali governi dei preti riescono piú acerbi e men tollerabili di quelli de’ laici, e l’odio che ai governanti si porta sale fino alla religione in nome di cui comandano; tanto che l’opposizione politica viene spesso ad usare un linguaggio che ha apparenza di bestemmia e aspetto di sacrilegio. Queste considerazioni fanno contro il principato ecclesiastico, eziandio che non fosse inferiore al profano. Ma esso è di lunga peggiore, non solo per le condizioni intrinseche ma altresi pel disaccordo piú grave col provetto incivilimento. Il qual disaccordo nei tempi addietro era meno cospicuo, perché da un lato il clero era piú dotto e ingegnoso, e dall’altro il laicato meno gentile; onde lo scettro papale, se non era forte e sapiente, dava almeno esempio di dolcezza e di mansuetudine. Ma ora, cresciuto nei sudditi il possesso della cultura, cresciuto il desiderio e il bisogno della libertá coll’attitudine a goderne, e scemata proporzionatamente nei chierici l’abilitá a procurarle, lo sdegno dei popoli soggetti alla Chiesa si fa tanto piú intenso quanto che viene aiutato dalla vista degli altrui beni e dal genio del secolo. Coll’ira dei sudditi cresce il terrore dei dominanti e la trista necessitá che gli astringe a inseverire, tiranneggiare, incrudelire, opprimere, togliendo ogni libertá agl’ingegni, facendo caso di Stato delle parole, allontanando dalle cariche i valorosi, governando colle spie, le carceri, le confische e i patiboli. Cosi le stesse cause concorrono a depravare coloro che ubbidiscono e quelli che comandano, anzi i secondi vie meglio dei primi. Imperocché il prete in ciò somiglia alla donna: come questa, se smette le virtú del suo sesso, è peggiore dell’uomo; cosi quello, dimenticando la mansuetudine e le altre virtú proprie del suo grado, diventa piú tristo del secolare e, messa giú la visiera, fa il callo ad ogni enormezza.

La temporalitá ben presa non è esclusa dal cristianesimo, ma abusata lo guasta. Essa gli conviene come a civiltá non come a religione, come a negozio laicale non come ad uffizio sacerdotale. Siccome la civiltá è il fine secondario del cristianesimo, questo viene a comprendere per tal rispetto il genio civile dell’antichitá e del giudaismo e ad essere un giudizio e