Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/102

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piú colti del suo tempo. Nel modo che l’azione è il termine del pensiero, medesimamente la pratica è l’applicazione e il suggello della teorica, e l’uomo di governo è il compimento del letterato e dello scrittore. Vero è che le lettere non possono fruttare nella operativa, se non hanno molte condizioni accennate in parte nel soprascritto capitolo; dal difetto delle quali nasce la poca attitudine dei dotti moderni alla vita pubblica e la preoccupazione invalsa negli uomini di faccende che il sapere sia cosa ritirata, ombratile, pigra, piú atta a rintuzzare la virtú operatrice che ad aguzzarla. Fra le quali doti l’ampiezza e la soliditá delle cognizioni essendo le principali, non è da stupire che l’eccessiva partizion del lavoro introdotta nelle dottrine (per la quale le idee si angustiano e si rende impossibile la parte piú viva e rilevante del sapere, che consiste nelle relazioni) e spesso anche la leggerezza loro ne facciano un cattivo tirocinio per la vita pratica. Il che m’invita a discorrere brevemente delle diverse fonti letterarie onde oggi per lo piú deriva la civil sapienza.

La sorgente universale della scienza è la parola, la quale presso i moderni consiste principalmente nella stampa libera. Dico «libera», ché altrimenti non può essere immagine della parola né portare i suoi frutti, perché senza la sua franchezza la libertá fondamentale dello spirito non può estrinsecarsi e operare. La stampa essendo una scrittura accelerata e avendo verso l’ufficio degli amanuensi lo stesso rispetto che l’opera del vapore verso quella dei remi o dei piedi, il suo servaggio ricade in sostanza sul pensiero umano e sulle idee, che sono la luce spirituale del mondo, piú preziosa della corporea; tanto che l’incatenare essa stampa (oltre a privare gli altri diritti della guardia piú efficace) è pretensione piú iniqua di quella con cui un genio potente e malefico osasse intonacare il sole o impedire altrimenti la diffusione de’ suoi raggi per l’universo. La censura è la tirannide piú mostruosa e malefica, poiché si esercita sulla cosa piú intima, piú immateriale, piú nobile e piú rilevante, sottoponendo all’arbitrio di giudici parziali e prezzolati e al senno di estimatori mediocri od inetti il pensiero di una nazione e delle menti