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IOI

far le veci delle librerie. La moltitudine dei giornali è la letteratura e la tirannide degl’ignoranti, perché chi sa meno ci scrive piú, chi avrebbe mestier d’imparare ci fa con tanto piú di prerogativa quello di giudice e di maestro. L’immodestia e la sfacciataggine vanno per ordinario a ritroso del merito; laonde i fogliettisti quanto piú son digiuni di ogni sapere, tanto piú si mostrano arditi nel sentenziare sulle cose piú ardue: chiamansi «interpreti» o, come dicono aggraziatamente, «organi della nazione»; ma in vece di studiarne ed esprimerne i sensi, vogliono governarla a loro talento. E guai a chi osa loro resistere! cosi tosto ne levano i pezzi, piovendogli addosso le ingiurie, le invettive, le calunnie. Non rispettano i nomi piú chiari né le riputazioni piú illibate; cosicché il valentuomo, che da un lato non vuol dichinarsi e mentire a se stesso, e dall’altro canto non ama di essere lacerato, è costretto a tacere. Somigliano agli oratori demagogici dell’antica Grecia e ai sofisti flagellati da Platone, facendo anch’essi un mercato ed un traffico delle lettere e della politica e scrivendo per vile guadagneria o per intento fazioso. Sono ingrati e ingenerosi: vituperano oggi chi poco prima levavano a cielo, dimenticano i servigi, applaudono ai fortunati e calpestano i caduti. E quando non osano assalire uno di fronte, lo fiancheggiano, lo bezzicano, lo punzecchiano, lo mordono, lo sgraffiano, lo cincischiano con cenni indiretti, bottoni coperti, allusioni maligne, accuse in maschera, tanto piú vili ed ignobili quanto che l’offeso non ha modo di richiamarsene. Sono fallaci e sofistici, appassionati e partigian;: cercano di adulterare i fatti, di falsare l’istoria, di fare e disfare le riputazioni, mirando, nel lodare e nel riprendere, non mica al vero ed al bene ma al proprio utile o a quello della loro setta. E anche quando le loro intenzioni sono buone, per mancanza di senno e di discrezione non le ottengono, perché nocciono alla veritá colle esagerazioni e non mettono in pratica l’antico precetto: «Nulla troppo». Non conoscono l’opportunitá; e in vece di parlare e tacere a tempo, secondo il detto del savio, gridano a gola e ammutiscono a sproposito, affinché non solo la loquacitá e l’intemperanza ma eziandio il silenzio e la riserva sieno da riprendere.