Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/117

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della scienza e della letteratura, e abbisognando l’una dell’altra, non fanno effetti notabili se vengono scompagnate. La dottrina vestita di cenci smette due terzi del suo valore. Senza di essa si dá facondia, non eloquenza; si hanno puri, eleganti, copiosi dettatori, non grandi e potenti scrittori. A parlare propriamente, non è scrittore chi non ha stile, né può dirsi che abbia stile chi è disadorno e irsuto di eloquio o di concetto volgare, istrice o pappagallo. Lo stile è l’unione delle due cose, cioè idea e parola insieme; la quale unione non è semplice aggregato, ma legatura, compenetrazione intima, e come dire ipostasi indivisa del concetto e del suo idolo o segno; e però è capace di bellezza, atteso che il bello è l’accoppiamento del sensibile coll’ intelligibile (ò. Lo stile è il corpo delle idee e quasi il rilievo per cui spiccano e risaltano dal fondo del pensiero e del sentimento; onde Gasparo Gozzi dice che gli antichi «proferirono i loro pensieri con un certo garbo, che non solamente si leggono, ma si può dire che si veggano con gli occhi del capo; tanto corpo hanno dato a quelli con le parole» ri). Perciò, laddove nei buoni scrittori moderni prevale il genio della pittura, negli ottimi antichi si ravvisa il fare-sculloxÌQ» non vedendosi soltanto le idee loro, ma quasi toccandosi con mano. Ché se al giudizio di Antonio Cesari «le parole sono cose» (3), non è men vero che le cose sono parole; quanto l’idea male espressa sussiste solo virtualmente e non è, per cosi dire, che la metá di se stessa. Lo stile insomma è l’atto e il compimento del concetto, perché gli dá tutto il suo essere e lo incarna perfettamente colla parola, trasferendolo dalla potenza iniziale dell’intuito e del senso confuso nel giro attuale e maturo della riflessione.

Il divorzio del pensiero e della loquela era quasi ignoto agli antichi, che da Omero ri) a Cicerone mostrarono coi precetti e coll’esempio di credere che il senno e l’elocuzione importino

(1) Del bello , cap. i e 6.

(2) Opere, t. xiil, pp. 127, 128.

(3) Antidoto, Parma, 1839, p. 142.

(4) Nell ’ Odissea i collocutori del protagonista lodano spesso l’aggiustatezza e la leggiadria del suo parlare.