Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/122

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proseguita nelle varie provincie da molti valorosi, ma in nessun luogo la parentela del pensiero civile coll’eloquio apparve piú manifesta che in Napoli. Nei tempi addietro gli scrittori del Regno difettarono di senso italiano, furono piú provinciali che nazionali, e i piú di loro scrivevano incoltamente. Ma ecco che Basilio Puoti, migliorando e intoscanendo il sermone dei regnicoli, ne italianizzò i sensi e il sapere; onde oggi superano molte e non la cedono a nessuna parte della penisola. Tanta è l’efficacia che nel pensiero esercita la favella, e tanto è vero che l’iniziazione all’italica cittadinanza ha d’uopo del toscano battesimo.

La riforma letteraria introdotta dal nostro tragico non ebbe lunga vita; il che nacque dall’essersi in breve alterato il concetto alfieriano, separando lo studio della lingua da quello delle materie. Per quanto la parola rilevi, la cura delle cose dee andare innanzi, e senza di esse può aversi buona lingua ma non giá buono stile, perché

scribendi ree te sapere est principium et fons (*).

La condizione dei linguioti e dei dotti è come quella dei democratici e dei conservatori: una parte ha d’uopo dell’altra, e se fanno divorzio, amendue si snaturano e diventano sofistiche. I pedanti e le gazze avvilirono gli studi di lingua e rimisero in credito i vandali e gli spinosi. Il che nocque al Risorgimento, che non trovò apparecchiato il pensiero né la favella; onde, come i suoi politici procedettero alla forestiera, cosi i suoi oratori parlarono barbaramente. Quanti compagni di eleganza ha Amedeo Ravina nel parlamento piemontese? o quanti ne aveva Terenzio Mamiani nel romano? Né voglio giá ragguagliare il Piemonte a Roma, la quale somiglia alla Toscana e partecipa al suo privilegio di avere per dialetto l’idioma patrio. Nondimeno il Giordani diceva nel diciassette che «non ci è paese in tutta Italia dove si scriva peggio che in Toscana e in Firenze,

(i) Hor., Ars poètica, 309.