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Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/161

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libro secondo - capitolo nono 155


L’ingegno andando innanzi a tutti, e i popoli indugiando piú o meno a seguirlo, la compagnia nel suo modo di vivere alterna colla solitudine. Amendue sono necessarie al suo ufficio, perché chi non conversa è inetto alla pratica, chi non si apparta è mal atto alla speculazione. Siccome gli è d’uopo affratellarsi col popolo per rinsanguinarne, cosi gli è mestieri tenersi in disparte per non lasciarsi sedurre dalle sue preoccupazioni. Egli è dunque «silvano» e «cive», come direbbe Dante1, uomo conversevole e anacoreta; e come ha due teatri, il mondo e la coscienza, ha pure due stimoli, la gloria e la contentezza di se medesimo. «I magnanimi — dice Aristotile — amano la solitudine»2, che riesce loro meno oziosa e foresta del praticare, perché avvivata dal commercio delle idee e della natura3. L’amore della vita solitaria inclina gli spiriti singolari a una certa tristezza; onde il Cellini racconta ch’egli era «per natura melanconico»4, e il Giordani avverte come, non che nuocere alle operazioni, «l’indole malinconica in atto di allegria è quel temperamento d’ingegno che può produrre le belle cose»5. Ella viene eziandio nudrita negli animi eccelsi e magni da quel vivo sentimento dei limiti e della imperfezione delle cose create, che facea dire tutto esser vano e il mondo esser poco a Salomone e al trovatore di America6. Il qual sentimento, se non



  1. Purg., xxxii, 100-1.
  2. Rhet., ii, 24.
  3. «Scipione, rivolgendo lo studio dell’arte militare e del governo della repubblica alle lettere, diceva d’operar piú quando era in ozio» (Plut., Apopht.). «Publium Scipionem, eum qui primus Africanus appellatus est, dicere solitum, scripsit Cato, nunquam se minus otiosum esse quam quum otiosus, nec minus solum quam quum solus esset... Itaque duae res, quae languorem afferunt ceteris, illum acuebant, otium et solitudo» (Cic., De off., iii, 1). L’altro Scipione, figliuolo di Paolo Emilio, amava di littereggiare (Id., De orat., ii, 22). «Neque enim quisquam hoc Scipione elegantius intervalla negotiorum otio dispunxit: semperque aut belli ani pacis serviit artibus: semper inter arma ac studia versatus, aut corpus periculis, aut animum disciplinis exercuit» (Vell. Pat., i, 13). Noti sono gli apparecchi eremitici o tragloditici di Moisé, Zoroastre, Minosse, Zamolsi, Numa, Pitagora, Manete e altri legislatori e capisetta.
  4. Vita, i, 6.
  5. Epistolario del Leopardi, t. ii, p. 2S4.
  6. «El mundo es poco» (Colombo).