Vai al contenuto

Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/173

Da Wikisource.

libro secondo - capitolo nono 167


La creazione è l’archetipo e la cima della dialettica. 11 magistero di questa consta di due parti o funzioni, che dir vogliamo, cioè della comprensione dei diversi e degli oppositi e del loro accordo scambievole. Perciò gl’ingegni grandi sono universali e sintetici: tutto abbracciano e tutto armonizzano. La loro comprensiva non è di un solo modo, ma spazia per ogni lato e tiene della natura del solido anzi che della superficie, s’interna senza scapito dell’ampiezza, si allarga senza pregiudizio della penetrazione. Poggia a un segno altissimo, come l’areonauta che comprende coll’occhio un’ampia tratta di paesi; e nel tempo medesimo si profonda, come il palombaro e il cavator di metalli che calano nei gorghi del mare e nel seno dei monti. La profonditá non si oppone all’altezza nelle cose ideali, perché ivi, come nell’infinito, il difuori è nel didentro e la periferia nel mezzo. L’ingegno somiglia all’intuito che tutto abbraccia, ed è un vigor mentale intenso ed esteso che raggia da tutti i lati a uso di stella. Ma la sua universalitá obbiettiva presuppone la subbiettiva, cioè l’attitudine alle cognizioni e alle occupazioni pili diverse e contrarie. Siccome questa disposizione moltiforme risplende specialmente nella stirpe italiana, cosi non si legge di alcun uomo che l’abbia avuta cosi squisita come Giulio Cesare1. Alessandro Magno e Napoleone a gran pezza



  1. Tutti gli antichi si accordano nel riconoscere in Cesare questa dote; e quando i giudizi degli altri mancassero, gli scritti e i fatti di lui basterebbero ad attestarla. Niuno l’espresse meglio di Antonio nel discorso riferito da Dione. «Vere ego de Caesare possum affimare et corpore eum firmissimo et animo agillimo. Erat in ipso vis quaedam naturare admirabilis, eratque institutione omnis generis tam accurate exercitatus, ut non ab re quidquid facto esset opus et cognoscere celerrime et exponere ad persuasionem et instruere atque administrare prudentissime semper posset. Nunquam ipsum aut rei subito incidentis momentum praevertit, aut occulta futurorum mora fefellit: ita omnia prius quam acciderent, iam ante cognita habebat: et ad omnia quae alicui contingere possent, iam ante paratus erat. Indagare sagaciter quidquid esset occultum; quodque palam esset credibiliter, velut ignotum sibi dissimulare: prae se ferre quasi sciret, quod eum latebat; quodque norat, occultare: iisdem accommodare temporis occasiones et rationes eorumdem reddere: non minus omnia denique, quam singula, tum perficere, tum exequi, praeclare norat» (Dion. Cass., Hist. rom., xliv, 38). Perciò giá fin d’allora gli si assegnava il principato dell’ingegno, «Ad summum evectus et non sui modo temporis, sed omnium, qui potentia aliquid unquam valuerunt, maximus, longe clariorem virtutem suam