Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/203

Da Wikisource.

CAPITOLO DECIMO

DEL PRIMATO ITALIANO

Coloro, che pongono la speranza di questo primato fra le illusioni, chiariscono un punto, cioè che il conseguimento di esso non può sperarsi da loro. Le prerogative di cotal genere sono una veritá o un sogno, secondo che piace ai popoli che sieno; se non che, anche quando prendono a essere, non si avverano mai pienamente, perché tengono sempre dell’ideale e. dell’ indefinito e sono quasi una meta a cui altri può piuttosto accostarsi’ che giungere. Le nazioni somigliano agl’individui, e non si possono appagare della felicitá presente se non in quanto si affidano e propongono di accrescerla nell’avvenire. Il che nasce dalla tendenza che i popoli e i particolari uomini hanno verso l’infinito, la quale è uno stirholo efficacissimo di progresso e di perfezionamento. Imperocché qfiesto avrebbe posa e termine se non ci stesse dinanzi agli occhi un bene illimitato, né può immaginarsene quaggiú un maggiore che la signoria del mondo per mezzo del pensiero. Nel che versa sostanzialmente il primato, mediante il quale predomina il genio di un popolo, per la stessa ragione che assegna all’ingegno la prevalenza di un individuo. La generosa aspettativa è profittevole, perché accende fra le nazioni una gara pacifica, nobile, virtuosa, e ne accresce la lena e il vigore ’nell’aringò civile. Non è assurda, perché niente vieta il racquisto di un bene giá posseduto o l’acquisto di quello di cui si ebbe giá esempio. Non è ingiusta, potendo ogni popolo aspirare al medesimo premio e correre lo stesso aringo (0. Tutti i gareggianti sono pari alle mosse, ma il premio

(i) Consulta il Primato, parte il, e V Apologia, pp. 172-183.