Pagina:Giosuè Borsi - Lettere dal fronte, 1918.djvu/222

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avrei atteso la sera meditando e pregando, parlando ai miei soldatini, pronto a tutto, ben preparato a ogni evento, pienamente distaccato da tutti i legami terreni.

Invece giunse l’ordine repentino di levare le tende e prepararci alla marcia d’avvicinamento. Ci guardammo, io e il tenente Maltagliati, mio compagno di tenda: — Ci siamo! — Ci stringemmo la mano con quella dolce effusione fraterna che solo chi è stato in guerra può capire. In breve fummo armati e in ordine; riunii il mio plotone, feci l’appello, e corremmo al comando di battaglione per riepilogare attentamente tutto il piano d’attacco con le carte topografiche alla mano. Poi il colonnello ci disse qualche parola, ci strinse la mano ad uno ad uno. Finalmente ci siamo messi in marcia sotto la luna, abbiamo salito il monte, siamo discesi dall’altro versante e, giunti sulla riva dell’Isonzo, ci siamo disposti in linea. Fino all’alba ho lavorato coi miei soldati a scavare la nostra trincea, vi ho disposto tre delle mie squadre e ne ho condotto una quarta con me, in questa trincea coperta, lasciata dagli avamposti. Sotto questa trincea scorre