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Il libro del comando 47


«E quando c’è venuto Santi, che si fa? E poi sei tu sicura che ci venga?... Dacchè vide che tu non gli davi retta non si è più visto.»

«Non ci devi pensare.... non lo puoi sapere.... basta che domani sera ci sia lui....»

«E chi?...»

«Lasciami finire; lui e altri due, fegati come lui. Vedrete che quando Pietro troverà il posto preso, capirà l’antifona alla prima.»

— Detto fatto. Batte l’un’ora ed eccoti Pietro con gli altri due; entrano in cucina e ci trovano nel canto del fuoco Santi e i suoi compagni: rimasero male, sfido io; la cosa era chiara come l’acqua. Si avvidero subito che era un combinato. In casa d’altri a quel modo, c’era da far poco alto là: presero le seggiole, si misero a sedere li in conversazione, come se nulla fosse stato, a dire delle grullerie ed a ridere; ma non era riso di quello buono. Pietro era diventato verde dalla bile. Arrivata l’ora, si alzò e andò via coi compagni; ma avanti dette un’occhiata tòrta a Santi e gli disse:

«A buon rivederci; chi la fa l’aspetti.»

— Per tre o quattro sere non si vide nessuno, e pareva affar finito. Il capoccia per altro badava a dire:

«Ora c’è da aspettarsi qualche vendetta; quello non è uomo da lasciarsele fare.»

«Quanta paura avete voi, — gli rispondeva