Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Il libro del comando | 49 |
fegataccio, gli disse sul muso: — «Senti, non c’è bisogno di stare a fare tanti discorsi; da ora in là dovresti aver capito che qui non è più aria per te; l’è anche un po’ d’ignoranza di volere andare e star di riffa nelle case dove non ti ci vogliono; sarebbe tempo di farla finita.»
«Come c’entri tu?»
«C’entro per l’appunto, e se nessuno non ti ha insegnato a star nel mondo, te l’insegno io.»
Costì principiarono a riscaldarsi: si sa, una parola tira l’altra. Santi gli andò col dito nel muso, e Pietro si frugò in tasca, ma visto che Santi aveva preso il matterello della polenda e uno di quegli altri s’era rizzato con un pezzo di querciolo in mano, scese la scala dicendo:
«Vigliacconi! che belle prodezze!... venite fuori, se avete coraggio.»
«Aspettami, ora piove troppo!»
«Gli è che tu ha’ paura!... Già, tu potresti infreddare, si sta meglio al caldo. »
— E così di seguito. Santi tornava verso il fuoco, quando sentì delle parole ardite per sè e per l’Assunta, colla quale ci aveva caldo per davvero: perse il lume degli occhi, e si slanciò a capo basso giù per la scala col mattero in mano.
«Vieni qui! non ti compromettere!...»
— Ma era bell’e uscito.