Pagina:Giovanni Magherini Graziani Masaccio ricordo delle onoranze.djvu/190

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con la notissima e vaghissima storia della cassa di San Zanobi, ove il Ghiberti spiegò tutta l’eleganza incantevole e la rara e soave delicatezza della sua mano. Ma sembrami assai più pregevole per l’invenzione che si accosta maggiormente al vero, per la sua originalità ed altresì perché ci dà un’idea evidentemente fedele di Borgo degli Albizzi com’era sul principio del secolo XV, dell’antichissima chiesa di San Pier Maggiore e del suo campanile, allorquando, forse vagando pensoso ed irrequieto per Firenze, dovè più volte passare da quei luoghi il giovane Tommaso, a cui da alcuno fu attribuito il dipinto.

Altre memorie di Masaccio o altri lavori che a lui con qualche probabilità possano attribuirsi nel nostro Valdarno, io non conosco.

Di Giovanni suo fratello nato nel 1407, con esso convivente a Firenze nel 1427 ed ascritto all’arte nel 1430, sapevamo solamente che nel 1451 gli fu commesso da Alessandra Macinghi entrata in casa Strozzi, di metter d’oro e d’azzurro e dipingere un tabernacolo eseguito da Giuliano da Maiano1.

Recentemente, di sotto al bianco col quale era stato ricoperto, riapparve un lavoro autentico di lui, cioè il Martirio di San Sebastiano lavorato a fresco sulla parete a destra della più piccola e antica chiesa di San Lorenzo in San Giovanni. Della qual pittura non rimane in alto

  1. Cesare Guasti, Alessandra Macinghi negli Strozzi. Lettere di una gentildonna fiorentina del secolo XV ai figliuoli esuli, Firenze, Sansoni, 1887, p. 27. I quattro pagamenti che sommarono al L. 41 e soldi quattro si dicono fatti a Giovanni vocato Scheggia, dipintore.