Pagina:Giovanni Magherini Graziani Masaccio ricordo delle onoranze.djvu/91

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Ora se Masolino, Parri e Paolo Uccello si accostarono a questa felice altezza, d’onde l’arte doveva aprirsi una più ampia e sicura via di perfezione, Masaccio la raggiunse.

Egli aveva irresistibile tendenza al vero, fantasia aperta alle impressioni della natura, sagacità nello scegliere, ardimento nel concepire e la mano che obbediva all’estro caldo e vivace. Perciò il Vasari a ragione scriveva — «che Masaccio levò le durezze, le imperfezioni e le difficoltà dell’arte, e diè principio alle belle attitudini, movenze e fierezze e ad un certo rilievo veramente proprio e naturale».

Ho detto che la pittura attendeva riforme nella figura e nella prospettiva, e Masaccio seppe operare in ciascuno di questi campi con rara maestria.

Per la figura usò una sapiente sobrietà nei panneggiamenti composti di poche pieghe e naturali; fu disinvolto e ardito negli scorti; vario negli atteggiamenti e così amante del vero da inseguirlo nelle sue più ardue manifestazioni. N’è esempio nel Battesimo dato da S. Pietro agl’infedeli quel bellissimo nudo, che sembra assiderato e tremante a verga a verga pel freddo. Si aggiunga il pregio della perfetta unione dei coloriti, quello del vigoroso pennelleggiare e delle indovinate tonalità negli scuri, e ognuno può comprendere come per sì rare doti Masaccio debba considerarsi un caposcuola. E non scostandomi dal tema della figura, piacemi notare quel S. Paolo della chiesa del Carmine in Firenze ormai perduto, che il Valdarnese dipinse per dare un saggio dell’arte sua. Il Vasari scriveva che — «nella