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130 Giro del Mondo

vigilia, per lo gran strepito de’ tamburi, e grida degl’Idolatri, che facevano la setta del Simingà, per la Luna piena.

Il Sabato 5. prima di partire, l’Armeno, e’l Moro s’empierono la pancia di Cacciarì; ch’è una composizione di riso, faggiuoli, e lenticchie peste, e cotte insieme, come dicemmo sul fine della seconda parte.

In difetto di bestie da soma, per farmi condurre le robe in Pondà (12. miglia distante) presi tre Gentili, co’ quali mio mal grado fu d’uopo usare il bastone; perche essi nè con buone parole, nè con danajo mai vogliono servir bene, ma se ne fuggono sempre che ponno; ed all’incontro colle busse si caricano come asini.

Camminammo con Sole così ardente, che bisognava ogni pochi passi prender riposo, e rinfrescarci con melloni, e frutta del paese. In Mardol indugiammo buona pezza per mangiarci una Giacca, così grande, che appena potea portarla un’uomo. Non vollero gl’Idolatri mangiarne, perche eglino non assaggiano mai cosa, che sia tagliata da noi, quando anche si vedessero morire di pura fame. E mi fu detto, che vi è stato alcuno, così pertinace in questa superstizione, che si


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