10Gl’iblei colli, di zàgare e di timi
Sempre cortesi a voi, nettaree pecchie,
A te un tempo di miti ombre e d’amori,
Sicula musa, a’ dolci canti avvezza.
Tacciono un tratto, poi che a mezzo è il giorno, 15Le sudate fatiche; e per le ingombre
Banchine, su le scale erte e le negre
Muraglie e i massi e l’ammontate balle
Spargonsi i polverosi uomini, a cui
Sollazzarsi di pan l’ora concede. 20E chi, tèrso il sudore atro, il conteso
Tozzo a l’ombra si rode, e a la lusinga
Del mare, o al suo pensier fosco sogghigna;
Quale tra l’assi de’ segati pini
Come in bara s’adagia, e a la morente 25Sposa ripensa; qual presso a le quadre
Lame, in che chiuso è il fulgido bitume,
Terror di regi e di città, rattizza
Spensierato la pipa; e tu co’l tuo
Indifferente occhio lo guardi, o Sole.