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la frusta teatrale | 121 |
9. - Precetto unico di noviziato: Lasciatemi divertire
Andreina Rossi pare una buona promessa per l’avvenire. Della sua attività presente basterà osservare che trattasi di una dura necessaria esperienza di tecnica e d'abitudine (Dionisia, La Trilogia di Dorina, l’Alba, il Giorno e la Notte, ecc.) in cui avremo già sufficienti prove di gusto e ragion di consolazione se ci sarà dato sorprendere la gioia maliziosa del gioco realizzato nel terzo atto de L’Ammalato immaginario, o, nel Facciamo divorzio, la felice caratteristica della donna puntigliosa, viva di un ironia che è tutta un ingenuità. E’ vero che questi si dovrebbero dire, a voler bene misurare le definizioni, i capricci spensierati della giovinetta festosa; ma solo un pedante se ne potrebbe addolorare quando il risultato è per l’appunto una felicissima vivacità di spunti, e una ricchezza di mezzi brillanti, invano compresi entro gli schemi del canovaccio. Andreina Rossi sa bene che il battesimo dell’arte verrà solo con quei cimenti che si guardano oggi con tremore e con misteriosa suggezione.
Lasciamola dunque divertire: lasciamo che sia ora la fanciulla selvaggia dell’Asino di Buridano, ora la sentimentale pensosa di Scampolo, dove ella si propone addirittura, andando troppo oltre l’esile leggerezza di Niccodemi, di mostrare il nascere di una personalità nella piccola abbandonata. E accontentiamoci di applaudire se il gioco è vario e scherzoso, se invece di false tragedie come La Maestrina o La moglie del dottore ella ci