Pagina:Gobetti - La frusta teatrale,Corbaccio, 1923.djvu/127

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pi, non fu senza l’astuzia di Lucifero. I greci intesero questa partecipazione dell’attore a una doppiezza di natura quando venerarono in Bacco, ultimo anello delle sue stirpi, il dio del teatro. Solo che l’ibrida conformazione spirituale dell'artista non sarebbe quella dell’angelo decaduto, ma dell’uomo stroncato mentre aspira ad elevarsi: Capaneo condannato alla pena di Issione.

Dopo che il nostro dionisiaco Prometeo ebbe sorpresa la buona fede degli uomini e degli dei si trovò più solo che l’Ebreo errante e scorgeva intorno sepolcri profanati e vestigia pietose di creature tese invano nello sforzo di esistere. La paura fu più forte che il desiderio di una moderata penitenza; il coraggio peccaminoso delle finte espansioni doveva e non poteva scontarsi.

L’eroe sentì la colpa irreparabile di essersi rivelato agli occhi attoniti dei curiosi: sentì che aveva rinunciato a confidare in sè e a confessarsi col dolce ritegno di tutti gli umani, e pianse, una volta per tutte, il pudore squallidamente perduto, la verginità profanata da una solenne illusione di magia.

Poi il viaggio instancabile del nomade fu la difesa claustrale della sua torbida anima violata.