Pagina:Goethe - Ricordi di viaggio in Italia nel 1786-87.djvu/11

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the, nè a’ suoi viaggi in Italia; quando nello scorso autunno il volume di questi mi venne per caso sotto mano in villa, ed in un momento in cui non tenevo altro libro sul tavolo, che solleticasse la mia curiosità. Lessi le prime pagine di quello, senza nessuna intenzione di andare più oltre; se non che, una pagina dopo l’altra, mi trovai avere finito il libro, ed allora mi parve che io lo avessi giudicato, anni sono, con troppa severità. Che sia stato forse, perchè i giovani, ignari tuttora delle difficoltà della vita, sono meno portati all’indulgenza che i vecchi, i quali ebbero a far prova di quelle?

Io non lo so. Quello che io so bensì, si è, che io lessi per la seconda volta quel libro con piacere, e che indipendentemente dal fatto, che qualunque scritto uscito dalla penna di un gran genio, quale si fu il Goethe non può essere privo di merito, nelle teorie geologiche, le quali mi erano sembrate strane alla prima lettura, mi parve scorgere alla seconda, per quanto valgo a portarne giudizio, l’intuizione di scoperte fatte più tardi. Così pure nelle continue osservazioni sul bel tempo e sulla pioggia, sulle nuvole e sui venti, le quali mi avevano prodotta la prima volta l’impressione di un bolletino meteorologico, credetti ravvisare l’omaggio reso da un abitante delle contrade settentrionali, allo splendore del nostro sole, alla limpidezza della nostra atmosfera, alla mitezza del nostro clima, benefici inestimabili dei quali Iddio fu largo al nostro paese, e per i quali noi non