Pagina:Goethe - Ricordi di viaggio in Italia nel 1786-87.djvu/39

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coli sono. Quante cose non cangiarono; ma soffia sempre lo stesso vento su questo bel lago, illustrato da un verso di Virgilio.

Scritto sotto il grado quarantesimo quinto, minuti cinquanta.

Venuto colla sera il fresco andai a passeggio, e mi trovo ora qui in una contrada propriamente nuova fra oggetti nuovi. Gli uomini vivono vita neghittosa, alla buona; le porte non hanno serrature, ma l’albergatore mi accertò, che io poteva stare pienamente tranquillo per ogni cosa mia, avessi pure recato meco diamanti; le finestre non hanno vetri, sono chiuse con fogli di carta inzuppati nell’olio; mancano anche le cose le più indispensabili, per modo che vi si può dire, di vivere allo stato di natura. Avendo domandato al garzone della locanda dove avrei potuto soddisfare ad un certo bisogno, mi additò la corte al basso, dicendo «Qui abbasso può servirsi» ed avendo io insistito «Ma dove?» «Dapertutto, dove vuole,» mi rispose alla buona. Dovunque si scorge la trascuranza, ma in un certo senso però, non difettano la vita, l’attività. Le vicine cicaleggiano, schiamazzano tutta quanta la giornata; tutte le donne si agitano, si muovono; qualcosa fanno, non ne ho vista una ancora oziosa.

Il mio albergatore mi annunciò con un enfasi tutta italiana, che si stimava felice di potermi servire trote propriamente stupende. Si prendono presso Torbole, dove il torrente scende dai monti, e dove il pesce cerca risalirlo. L’imperatore ritrae mille scudi dall’affitto di questa pesca. Non sono propriamente trote, ma altra specie analoga di pesce, del peso talvolta perfino di quindici libbre; hanno il corpo tutto ricoperto di punti rossicci fin sulla testa, il loro gusto sta fra quello della trota e del salmone, e per dir vero sono di gusto delicatissimo e saporite.

Migliori però di ogni cosa sono le frutta, specialmente i fichi e le pera, le quali non possono a meno di essere ottime qui, dove vivono pure gli agrumi.