Pagina:Goethe - Ricordi di viaggio in Italia nel 1786-87.djvu/41

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libero ad ognuno l’accesso. Mi collocai nella corte, di fronte all’antica torre costrutta di grossi macigni, dove avevo trovata località adattissima a potervi disegnare, stando sopra un sedile di pietra, che sorgeva nell’interno di una porta elevata di tre o quattro gradini, quali se ne scorgono frequentemente presso di noi pure, negli antichi edifici.

Ero seduto da poco tempo, quando entrarono parecchie persone nella corte, le quali osservarono quanto io stava facendo, poi di bel nuovo si allontanarono. Vennero altre persone, le quali si fermarono, e non tardai ad essere circondato dalla gente. Mi avviddi benissimo che il mio disegno aveva eccitata la loro attenzione, ma non me ne diedi per inteso, e continuai a lavorare. Finalmente mi si avvicinò un tale, il quale non aveva neppure aspetto troppo rassicurante, e mi domandò «che cosa io stessi facendo?» Risposi che stavo prendendo la vista della vecchia torre, per portar meco un ricordo di Malsesine. Mi replicò che la cosa non era permessa, e che avrei dovuto desistere dal mio lavoro. E siccome mi aveva dette queste parole in dialetto veneziano, che per dir vero io aveva durata fatica a comprendere, gli replicai che io non lo aveva capito. Allora con un piglio tutto italiano, egli prese il mio foglio e lo stracciò, lasciandolo però nella cartella. Mi accorsi che il suo atto era stato disapprovato dagli astanti, particolarmente da una buona vecchia, la quale disse non stare ciò bene, doversi chiamare il podestà, al quale spettava provvedere in tali casi. Io me ne stavo sul mio gradino, in piedi colle spalle addossate alla porta, contemplando la folla la quale andava crescendo. Gli sguardi avidi di curiosità, l’aspetto in generale benevolo degli astanti, e tutti i tratti caratteristici di una riunione di persone straniere, finirono per divertirmi. Ritenevo vedere davanti a me i cori di Vogel, che vidi spesse volte a me benevoli sul teatro di Ettersburg. Ero diventato di buon umore, ed allorquando giunsero il podestà ed il suo attuario, li salutai cortesemente, ed alla domanda del primo