Pagina:Gogol - Novelle Ukraine, traduzione di Ascanio Forti, Sonzogno, Milano, 1903.djvu/32

Da Wikisource.
32 NOVELLE UKRAINE


X.

La freschezza del mattino alitava su Sorocinzi già desto. Dai camini il fumo saliva in spire verso il sole che si levava. Si rianimava la fiera e s’incominciavano a udire per l’accampamento i belati delle pecore, i nitriti dei cavalli, gli schiamazzi delle oche e delle venditrici. I racconti spaventosi della svita rossa che avevano popolato d’immagini paurose il crepuscolo e la notte insonne de’ popolani, svanirono collo schiarire del nuovo giorno.

Cerevik sonnecchiava, allungandosi e sbadigliando sur un po’ di paglia, sotto la tettoja del compare, fra i bovi e i sacchi di farina e di grano.

Non pareva disposto ad abbandonare i suoi sogni, quando d’un tratto lo fece sobbalzare una voce conosciuta quanto l’asilo della sua poltroneria, o l’amata panchina della sua stufa, o la bettola d’una sua parente distante un cento passi da casa sua.

– Su, su, levati! – gli urlava negli orecchi la tenera consorte, scuotendogli il braccio con forza.

Cerevik per tutta risposta gonfiò le gote e agitò le mani, come per battere sul tamburo.

– Grullo! – esclamò Teodora cansando la mano che mancò poco non la colpisse al viso.

Cerevik s’alzò un poco, si stropicciò gli occhi, guardò intorno, poi disse:

– Che mi porti il diavolo se il tuo muso, o mia colomba, non mi è parso un tamburo sul quale dovevo suonarci la ritirata, come un superbo moscovita. Infatti i musi di porco, lo dice anche il compare...

– Via, via: non dir più grullerie. Cerca piuttosto d’andare a vender la cavalla. C’è proprio da far rider la gente: esser venuti alla fiera senza aver venduto nemmeno un batuffolo di canapa.

– Che cosa dici, moglie mia? – interruppe Cerevik – la gente ride ancora di noi?

– Sì, va via: ridono sempre di noi.

– Non mi sono ancora lavato – piagnucolò Cerevik sbadigliando e nello stesso istante grattandosi le spalle per guadagnar tempo.