Pagina:Gogol - Novelle Ukraine, traduzione di Ascanio Forti, Sonzogno, Milano, 1903.djvu/31

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LA FIERA DI SOROCINZI 31


IX.

– Hai sentito, Biagio? – diceva svegliandosi a notte un tale che dormiva per istrada – qualcuno qui presso noi ha nominato il diavolo!

– Che m’importa? – brontolò stirandosi le membra uno zingaro che gli giaceva accanto – avesse chiamato magari tutti i suoi parenti!

– Ma però urlava come se lo sgozzassero.

– Un assonnato è capace d’ogni cosa.

– Sarà come tu dici, ma bisogna andare a vedere. Accendi il fuoco.

L’alto zingaro, sagramentando, si rizzò in piedi, fece sprizzare la scintilla per due volte, soffiò nell’esca e accendendo una lucerna di coccio si mise in cammino.

– Fermo: c’è qualcosa qui per terra. Fa lume!

Altre persone s’erano unite a loro.

– Che c’è, Biagio?

– Mi par che siano due uomini, uno sopra e uno sotto, ma non riconosco quale sia il diavolo.

– E chi sta disopra?

– Una donna.

– Allora è quella il diavolo.

Una risata finì di svegliare tutti i dormenti della strada.

– Una donna sopra a un uomo... Questa donna dev’esser brava per andare a cavallo! – diceva uno della folla.

– Guardate, amici! – esclamò ancora un altro raccattando un pezzo di pentola rimasto sulla testa di Cerevik – che berretto s’è ficcato questo galantuomo!

Lo strepito crescente e le risate finirono per risuscitare in vita anche i nostri due morti. Solopi e la consorte, che con gli occhi ancora inebetiti per la paura passata, guardavano fissamente le faccie aduste degli zingari.

La luce incerta e tremula che investiva tutti li faceva parere una turba selvaggia di gnomi, irradiata da un pesante vapore, nelle perpetue tenebre di una notte senz’alba.