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Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/301

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PICCOLO MONDO ANTICO

starono, gli fecero largo, desiderando di sapere le sue intenzioni. Alzò gli occhi, guardò confusamente e disse: — To’, l’avete già seppellita! perché?!... — Rimase a mezzo, e non terminò il suo discorso.

Ma quando tornò a casa, quando vide che la sua camera era vuota, che perfino la sedia in cui soleva sedere Pulcheria Ivanovna era stata portata via... singhiozzò, singhiozzò forte, singhiozzò sconsolatamente, e le lagrime come un fiume si versavano giú dai suoi occhi ottenebrati.

Passarono cinque anni da quel giorno. Qual è quel dolore che il tempo non porta via? Qual è quella passione che rimane intatta nell’impari lotta con esso? Io conoscevo un uomo ancora nel fiore della giovinezza e della forza, un uomo di genuina nobiltà e dignità; lo sapevo innamorato, di un amore tenero, appassionato, furente, audace, timoroso, e innanzi a me, quasi sotto i miei occhi, l’oggetto di quell’amore, una donna tenera, bella come un angelo, fu colpita dalla morte insaziabile. Io non ho mai veduto cosí tremendi assalti di passione spirituale, cosí furente, cocente dolore, cosí divorante disperazione come nella smania di quell’infelice innamorato. Non avevo mai pensato che un uomo potesse crearsi da sé un tale inferno, in cui


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