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Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/346

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GOGOL

naso senza l’aiuto di uno specchio. I suoi piedini erano piuttosto corti, deformati a guisa di due cuscinetti. Essa faceva pettegolezzi, mangiava bietole lesse ogni mattina, e sparlava straordinariamente bene; e in tutte queste cosí differenti occupazioni, il suo viso non mutava mai la sua espressione; cosa che in genere le sole donne sono capaci di fare.

Appena arrivò lei, tutto andò di traverso:

— Tu, Ivan Nikiforovic, non far la pace con lui, e non gli chiedere scusa; egli cerca di rovinarti; è un uomo capace di tanto! Tu ancora non lo conosci. — Sussurrava, sussurrava la vecchia maledetta, e fece in modo che Ivan Nikiforovic non volle piú neppure sentir parlare di Ivan Ivanovic.

Tutto assunse un altro aspetto. Se il cane del vicino correva nel cortile, lo battevano con tutto ciò che veniva alla mano; i bambini che passavano la siepe, ritornavano urlando, con la camicia tirata in su, e coi segni delle verghe di dietro; la stessa fantesca, quando Ivan Ivanovic voleva rivolgerle qualche domanda, faceva tali sgarbi, che Ivan Ivanovic, da uomo straordinariamente delicato qual era, sputava e diceva soltanto: — Che vecchia sconcia! peggio del suo padrone.

Da ultimo, a compimento di tutte le offese,


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