Pagina:Goldoni - Memorie, Sonzogno, 1888.djvu/140

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138 parte prima


suo pretendente in maniera da eludere i nostri passi. La lite andava a mutar faccia, e poteva divenir seria; aderimmo adunque ad alcune proposizioni che ci vennero fatte. La signorina era ricca, e l’affare restò ultimato all’amichevole.

Ritornato da Firenze, rimasi impegnato per un’altra lite di andare a Lucca. Avevo caro veramente di vedere questa Repubblica non estesa, nè potente, ma ricca, piacevole, e savissimamente governata. Condussi meco anche la moglie, e vi passammo sei giorni i più deliziosi del mondo. Era di settembre, il giorno dopo dell’Esaltazione della Santa Croce, festa principale della città; nella cattedrale vi è un’immagine del nostro Salvatore, chiamata il Volto Santo, che si espone in quel giorno con una pompa così splendida, ed una musica sì numerosa in voci ed in istrumenti, che non ho veduto mai la simile nè in Roma nè in Venezia.

Havvi una fondazione fatta da un devoto lucchese, che ordina di ricevere in quel dato giorno alla cattedrale tutti i musici che vi si presentano, e di pagarli non a proporzione dei loro meriti, ma del viaggio da essi fatto: e la ricompensa è fissata a un tanto per lega o per miglio. Una musica di tal sorte doveva essere più clamorosa che piacevole; ma l’opera che vi si dava in quell’istesso tempo era una delle più scelte e delle meglio composte. L’amabile Gabbrielli si era resa la delizia di quel musicale spettacolo. Essa era sempre di buon umore; il celebre Guadagni, suo eroe in scena ed in segreto, aveva sottoposti all’impero di amore i capricci della virtuosa. La faceva cantar sempre, onde il pubblico avvezzo a vederla malinconica, disgustata, scortese, godeva della sua bella voce e della superiorità delle sue doti.

Assestati i miei affari ed appagata la mia curiosità, lasciai con dispiacere quel rispettabile paese, il quale sotto la protezione dell’imperatore pro tempore gode una pacifica libertà, e s’occupa del più salutare e più esatto buon ordine. Avevo anche caro di osservare e far vedere a mia moglie una parte importantissima della Toscana; e a tale effetto attraversammo i territori di Pescia, di Pistoia e di Prato. Non si possono trovare colline meglio esposte, terreni meglio coltivati, campagne più ridenti e più deliziose. Se l’Italia è il giardino dell’Europa, la Toscana è il giardino d’Italia.

CAPITOLO LI.

Mio ritorno a Pisa. — Arrivo del mio cognato da Genova. — Sua partenza con mia moglie per questo paese. — Disgusto provato nel mio impiego. — Raffreddamento del mio zelo. — Colloquio singolare con un comico. — Nuova commedia composta a richiesta di lui. — Mio viaggio a Livorno.

Dopo alcuni giorni del mio ritorno a Pisa, arrivò da Genova il fratello maggiore di mia moglie per reclamare da parte de’ suoi maggiori l’impegno da me con essi preso di andare a vederli. Essendomi per due volte assentato per cagione di affari, non potevo prendermi l’ardire di una terza per puro oggetto di piacere: la moglie non diceva nulla, io conosceva per altro bene il suo desiderio di rivedere la famiglia, e prevedevo il dispiacere di mio cognato, nel caso che fosse stato obbligato di ritornare a casa da sè solo. Disposi le cose con soddisfazione di tutti tre: la moglie partì per Genova con suo fratello, ed io restai solo ed in pace, tutto occupato