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154 parte seconda


condizione; mi ero perciò allontanato, secondo loro, dallo scopo principale della commedia, che consiste nell’incutere l’abborrimento al vizio, e nel correggere i difetti. I miei critici avean ragione, io però non aveva il torto. Volevo cominciare in maniera da allettare la mia patria per cui faticavo; il soggetto era nuovo, piacevole, nazionale, e proponevo a’ miei spettatori un modello da imitarsi. Purchè s’inspiri la probità, non è meglio guadagnare i cuori colle dolci attrattive della virtù, che coll’orrore del vizio? Quando parlo di virtù non intendo dire di quella virtù eroica, che commuove colle sue sventure, e invita al pianto col suo linguaggio. Tali opere, cui in Francia si dà il titolo di drammi, hanno certamente il loro merito, ed è un genere di rappresentazioni teatrali che tien luogo tra la commedia e la tragedia. Possono dirsi un divertimento di più per gli animi sensibili; infatti le disavventure degli eroi tragici commuovono da lungi, laddove quelle de’ nostri eguali debbono ricercare il cuore maggiormente. La commedia, che in sostanza altro non è che un’imitazione della natura, non esclude i sentimenti patetici e virtuosi, purchè però non resti affatto spogliata di quei bizzarri tratti comici che forman la base fondamentale della sua esistenza.

Dio mi guardi dalla folle pretensione di farla da precettore. Partecipo solamente ai lettori quel poco che ho imparato, quel poco che io so, e nei libri meno stimati si trova sempre qualche cosa degna d’attenzione.

Terminerò frattanto questo capitolo col fare qualche parola sopra il dialetto veneziano, di cui feci uso e nella Putta onorata, e in parecchie altre commedie del mio teatro. Il linguaggio veneziano è senza obiezione il più dolce e il più piacevole di tutti gli altri dialetti d’Italia. È chiara, facile, delicata la pronunzia, facondi ed espressivi i termini, armoniose e piene di arguzie le frasi; e siccome il fondo del carattere della nazione veneziana è la bizzarria, così il fondo del linguaggio è la facezia. Ciò però non impedisce che questa lingua non sia suscettibile di trattare in grande le materie più gravi e più importanti. Perorano gli avvocati in dialetto veneziano, e si pronunziano nell’istesso idioma le arringhe dei senatori senza mai degradare la maestà del trono, e la dignità della curia; i nostri oratori hanno la fortunata facilità naturale di accompagnare all’eloquenza più sublime il modo di esprimersi più piacevole. Procurai di dare un’idea dello stile vivace ed energico de’ miei compatriotti nella commedia intitolata L’Avvocato veneziano. Questa rappresentazione fu accolta, intesa, e gustata molto dovunque, essendo stata tradotta anche in francese. Il buon successo dunque delle prime mie composizioni veneziane mi incoraggì a farne altre. Se ne trova un numero considerevole nella mia collezione, e son forse quelle che mi fanno più onore, e alle quali mi guarderei dal fare la menoma mutazione. Diedi e darò sempre nelle mie edizioni la spiegazione dei termini più difficili per l’intelligenza dei forestieri; onde per poco che si conosca la lingua italiana, non si stenterà molto a leggere e comprendere a fondo l’idioma veneto, come il toscano.