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capitolo xxiii 329


altri. La signora Pothouin, vedova da poco tempo del signor Pohouin, avvocato al parlamento di Parigi, è donna amabile non meno che rispettabile per il suo brio, e per il suo ingegno, quanto era il consorte di lei per la sua scienza ed integrità. Sebbene non sia mai stata in Italia, e abbia cominciato lo studio della lingua italiana molto tardi, nè lo abbia continuato che per due soli anni, la signora Pothouin, io dico, è certamente in grado di sostenere con gl’Italiani stessi qualunque lungo colloquio, valendosi dei migliori vocaboli, dei modi più usitati, delle frasi meglio composte. Anche il signor presidente Tachar aggiunge alle sue vastissime cognizioni ed al gusto della letteratura francese, quello pure della lingua e letteratura italiana. Allora quando occupava l’importantissima e laboriosa carica di soprintendente all’Isole del Vento in America, trovava tempo per iscrivermi, e la nostra corrispondenza era sempre in italiano. In quel tempo non era, a dir vero, troppo franco nel dialetto toscano, ma sbagliava per altro ben di rado. Dopo il suo ritorno d’America fece anche un viaggio in Italia, compito il quale, non parve più in tutti i suoi discorsi, e nelle sue lettere un Francese imitatore degl’Italiani, ma uno che appartenesse a queste due nazioni in egual modo. La signora baronessa di Bordic parimente ha molto gusto e molta facilità per la lingua italiana. Io ebbi l’onore di vederla e fare la sua conoscenza a Parigi, ove ella si rese per qualche tempo la delizia di quanti la frequentavano; essa era stimata per le sue qualità, ammirata per il suo ingegno, affettuosamente amata e gradita per la dolcezza de’ suoi versi; insomma era adorata. La signora de Bordic trovasi presentemente a Nimes, ed io tuttora mi dolgo della privazione della sua compagnia. Ma la sua corrispondenza me ne dà qualche compenso, e le lettere di cui ella mi onora di tempo in tempo provano lo studio ch’ella fa della nostra lingua e dei nostri autori. Il signor Cousin, avvocato del re nel baliaggio di Caux, è parimente un gran dilettante di lingua italiana: io non ho mai avuto l’onore di vederlo, egli bensì mi ha fatto quello di scrivermi da Dieppe ove dimora, sempre in italiano e qualche volta ancora nel dialetto veneziano. La letteratura italiana è molto gustata in Francia; i nostri libri vi son bene accolti, benissimo pagati, e le biblioteche di Parigi ne sono riccamente fornite. Il fu signor Floncel ne aveva una di sedici mila volumi, tutti quanti in lingua italiana, ed il signor Molini, libraio italiano in questa capitale, ne fa parimente un commercio considerevole. La quantità degli esemplari delle mie commedie spacciate in questo paese è prodigiosa, e la premura con cui si è ora aperta la soscrizione della nuova edizione dell’Opere del Metastasio è anche maggiore. Questa stupenda edizione, condotta ed eseguita dalla dilingente cura del signor Pezzana, è ornata di tutte le grazie dell’arte tipografica. Essa è bella, ma è anche cara; due cose, che mai non vanno disgiunte. Vi sono rami preziosissimi, e vi si ammira fra l’altre cose un Polifemo del Bartolozzi, e in parecchie stampe l’eccellenza del disegno e del bulino del signor Martini. È questi uno dei migliori allievi del signor Le Bas, parmigiano, uomo onestissimo, savissimo e sommamente instruito, artista che fa onore all’Italia. Presentemente trovasi a Parigi, ove ha stabilito la sua dimora, come me, ed ha fatto benissimo.