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la mia Amalassunta, l’unica copia che mi restava. Fatto il gran sagrifizio, rimasi stupido qualche tempo. Venne a scuotermi il Camerier colla cena. Lo rimandai bruscamente, chiusi la porta della mia camera, e mi abbandonai intieramente alla riflessione delle speranze perdute, e della situazione nella quale mi ritrovava. Ripensando di quando in quando al mio Dramma, mi sovvenne del giudizio favorevole dei Bresciani ben diverso da quello ch’io avea sofferto in Milano, e compresi allora, che un’opera riesce sovente buona o cattiva secondo le circostanze, e rapporto al gusto, o all’intelligenza, e alla disposizione dell’animo delle persone che la leggono, o che la vedono rappresentare. Ho avuto occasione coll’andar del tempo di ciò esperimentare ancor davantaggio, poiché varie Commedie mie, che piacquero in un Paese, dispiacquero in un altro, e talvolta nello stesso Paese furono aggradite da molti, e da altrettanti disapprovate.
Non poteva saziarmi di maledire e di detestare le regole stravaganti del Dramma per musica. Pensai che della mia Amalassunta avrei potuto fare una buona Tragedia, e riportarne, se non dell’utile, almen dell’onore; ma l’Opera era sagrificata allo sdegno, e mi pentii troppo tardi del mio trasporto.
Mi sovvenne del Conte Trissino, che consigliato mi aveva ad applicarmi al Teatro Comico, ch’è stata la prima mia inclinazione. Pensai che l’Italia avea più di bisogno di Autori Comici, che di Tragici e di Drammatici; e mi determinai a tentar questa strada, ed occuparmi in qualche comico componimento, fintanto che gli affari miei di Venezia si accomodassero, e ch’io potessi riprendere l’abbandonata carriera. Eravamo allora alla metà in circa del Carnovale. A Pasqua si apre ordinariamente il Teatro in Milano con una Comica Compagnia delle migliori d’Italia. Bisogna, dicea fra me stesso, bisogna attendere questo tempo e preparare intanto qualche commedia, per darla ai Comici che verranno.... Ma se avessero anch’eglino delle regole, ch’io non conosco? Converrebbe prima parlare con esso loro, esaminare con più attenzione le loro commedie, non per imitarle, poiché sono pessime, ma per accordare in quelle regole, che sono forse indispensabili,
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