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232 ATTO TERZO


Vu domandè soddisfazion del fatto, mi la pretendo per l’intenzion. Semo dal pari per la pretesa, podemo esser dal pari, mettendo in taser quel che xe sta; e de più, per quella diferenza che poi passar tra l’intenzion e el fatto, alla presenza de ste degne persone ve domando scusa. Seu contento gnancora?

Ottavio. Per questa parte son soddisfatto, ma circa alla nostra rivalità nel cuore della signora Eleonora....

Dottore. Qui e’entro io, signore. Di mia figlia dispongo io, e non so come c’entrate voi a pretenderla in tempo, che non ho veruna intenzione ch’ella sia vostra.

Ottavio. Questo è un altro discorso; ma quando la figlia avesse della inclinazione per me....

Eleonora. Compatitemi, signor Ottavio: non ne ho mai avuta e non ne avrò.

Ottavio. Pazienza. Vi sposerete al signor Momolo, che menando una vita discola, vi farà pentire d’averlo preferito ad uno che si protesta d’amarvi.

Momolo. Ponto e virgola a sto discorso; m’ave toccà in un tasto che xe assae delicato, e che me obbliga adesso a far quella dichiarazion, che voleva far da qua a qualche zorno. Sior Dottor, la vita da cortesan che fin adesso ho fatto, no merita che ve domanda una putta, ma le massime che ho fissà per l’avegnir, spero che un zorno la poderò meritar. Deme tempo da farve cognosser quel cambiamento che prometto del mio costume....

Eleonora. Senz’aspettar più oltre, mio padre ha tanta fede in voi, che assolutamente vi crede.

Momolo. E vu, fia mia?

Eleonora. Ed io, se il genitore l’accorda, ad occhi chiusi di voi mi fido.

Beatrice. Le buone parti del signor Momolo meritano che gli si presti tutta la fede.

Silvio. Non mi scorderò mai il favore, che fatto mi avete. Eccovi i trenta zecchini; vi prego farli avere a colui....

Momolo. Sarà mezz’ora, che m’ho tolto la libertà de dargheli, essendo certo che da vu i me sarà ve stai remborsadi. Li togo