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L'UOMO DI MONDO 233


adesso con una man, e con l’altra i restituisso a sto degno galantomo, che me li aveva imprestai.

Dottore. Voi siete l’uomo più onorato di questo mondo. Però, se aggradite la mano di mia figliuola, disponetene liberamente.

Momolo. Cara Leonora, ve son tanto obbligà, che se no basta la man e el cuor, son pronto a darve el mio sangue e la mia vita istessa.

Eleonora. Mi fate piangere per la consolazione.

Ottavio. Dunque io posso andarmene, senza sperare più oltre.

Momolo. Se volè quattro confetti, sè patron.

Ottavio. Come in un tratto può sperarsi da voi un simile cambiamento?

Momolo. Bisogna che me giustifica, per no far sospettar la mia ressoluzion mal fondata. (Siora Leonora, de le bone azion no s’avemo da vergognar). Vedeu sta putta? L’ha avudo coraggio, credendome in necessità, de spropriarse de le so zoggie per mi. Sior Dottor, compatì l’amor de una putta, che adesso xe più mia che vostra. Tolè, siora Leonora, le vostre zoggie, e in contracambio ve fazzo el sacrifizio de la mia libertà, che xe la zoggia preziosa, che fin adesso con tanta zelosia ho custodio1 e che al vostro merito sarà giustamente sacrificada.

Dottore. Oh quanta consolazione io provo nel veder contenta la mia figliuola! Mancami ora, per esser pienamente felice, veder cambiato il vivere del mio figliuolo.

Momolo. Anca per sta parte sarè contento. Sior Lucindo, vegnì pur avanti.

SCENA XIV.

Lucindo e detti.

Lucindo. Non ho coraggio.

Momolo. Vostro sior padre xe pronto a perdonarve, se farè quel che m’avè promesso de far.

Lucindo. Sì, ve lo confermo, ve lo giuro sull’onor mio.

  1. Ed. Paperini: custodido.