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LA BANCAROTTA 387


Pantalone. Son un galantomo, patrona.

Clarice. Alle prove si conosce la verità.

Pantalone. Alle prove? Tolè, siora, ve farò veder chi son. Tolè, questi xe cinquanta zecchini; feve un abito de ganzo, e comprevelo da chi volè. (getta sul tavolino una borsa)

Clarice. Basteranno cinquanta zecchini?

Pantalone. Se no i basterà, supplirò per el resto. Adesso1 no ghe n’ho altri. Voleu che me despoggia in camisa?

Clarice. No, il mio caro signor Pantalone, vi sono tanto obbligata. Vedo l’amore, la bontà che avete per me. Vi ho sempre conosciuto per il re de’ galantuomini. Non farei un dispiacere a voi per trattare un altro, s’ei mi volesse indorare da capo a piedi. Tratterò il signor conte com’egli merita. Non isperi egli d’avermi al suo festino. Voglio venire al vostro, che sarà bello, che sarà magnifico e che mi sarà tanto più caro, perchè mi viene offerto dal bel cuore del mio amatissimo signor Pantalone.

Pantalone. Volè anca el festin?

Clarice. Sì, certo, e anche la cena. Non me l’avete promesso? Un galantuomo come voi, non manca alla sua parola.

Pantalone. No occorre altro. Faremo tutto. (Ghe son e bisogna starghe).

Clarice. Ma non vi è tempo da perdere, se volete far le cose con buona maniera. Conviene che andiate a dare gli ordini per questa sera.

Pantalone. Aspettè, xe a bon’ora. Lasseme goder un poco la vostra compagnia.

Clarice. No, se mi volete bene, non perdete tempo. Mi preme che riesca la cosa con pulizia; andate subito ad ordinare quel che bisogna.

Pantalone. E ho d’andar subito?

Clarice. Via, non mi fate andar in collera.

Pantalone. Vago, vago. Par che me scazzè via.

Clarice. Questa sera ci divertiremo.

Pantalone. Stassera se divertiremo. Sarè avvisada del logo. In-

  1. Così Savioli e Zatta; Paperini, Corciolani, Fantino-Olzati ecc.: a dosso.