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446 | ATTO PRIMO |
Rosaura. Io so che tutto il giorno stai da quel formaggiaro, e perchè? Per causa della sua serva1.
Arlecchino. Eh no, ghe stago per l’odor del formai.
Rosaura. So benissimo che tu procuri tirar in casa quella pitocca; e perchè? Perchè se è storpia dal mezzo in giù, è bella e sana dal mezzo in su.
Arlecchino. Oibò, fazzo perchè qualche volta la me dona qualche pezzo de pan, qualche pignatta de menestra.
Rosaura. Può anch’essere; mentre ve ne son tante che fingono le pitocche per mantenere l’amante. Basta, io non posso fidarmi di te; peraltro....
Arlecchino. Fame sto servizio, proveme, e ti vederà.
Rosaura. No, no, non voglio arrischiarmi; temo di esser tradita.
Arlecchino. Senti, se t’inganno, prego el cielo de perder quello che gh’ho più a caro.
Rosaura. E che hai di più caro?
Arlecchino. L’appetito.
Rosaura. Orsù, ad un tal giuramento sono forzata a crederti. Voglimi bene, e non dubitare.
Arlecchino. Sì cara, sì occhietti furbi2. Sarò tutto vostro, de sotto, de sora, de drento, de fora, de notte, de zorno: co vago e co torno, d’inverno e d’istà, per strada e per cà; col caldo e col fredo; e quando te vedo, me cresce l’amor; bondì, mia caretta, te dono ’l mio cuor. (parte)
SCENA X.
Rosaura sola.
I cacciatori, i pescatori, e tutti quelli che hanno il carattere di predatori, non ricusano fra le prede magnifiche anche gl’infimi acquisti, ed io pure mi compiaccio tanto d’aver obbligata la semplicità di questo scioccherello, quanto l’accortezza de’ più