Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1907, I.djvu/604

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546 ATTO PRIMO


Dottore. (Che buon marito alla moda! Non mi dispiace). (da sè)

Beatrice. Spero che la signora Clarice non ricuserà la mia mano.

Silvio. Orsù, signore, tardi siete arrivato. La signora Clarice deve esser mia, nè sperate che io ve la ceda. Se il signor Pantalone mi farà torto, saprò vendicarmene; e chi vorrà Clarice, dovrà contenderla con questa spada. (parte)

Dottore. (Bravo, corpo di Bacco!) (da sè)

Beatrice. (No, no, per questa via non voglio morire). (da sè)

Dottore. Padrone mio, V. S. è arrivato un po’ tardi. La signora Clarice l'ha da sposare mio figlio. La legge parla chiaro. Prior in tempore, potior in iure. (parte)

Beatrice. Ma voi, signora sposa, non dite nulla? (a Clarice)

Clarice. Dico che siete venuto per tormentarmi. (parte)

SCENA IV.

Pantalone, Beatrice e Brighella, poi il Servitore di Pantalone.


Pantalone. Come, pettegola? Cossa distu? (le vuol correr dietro)

Beatrice. Fermatevi, signor Pantalone; la compatisco. Non conviene prenderla con asprezza. Col tempo spero di potermi meritare la di lei grazia. Intanto andremo esaminando i nostri conti, che è uno dei due motivi per cui, come vi è noto, mi son portato a Venezia.

Pantalone. Tutto xe all’ordine per el nostro conteggio. Ghe farò veder el conto corrente; i so bezzi xe parechiai, e faremo el saldo co la vorà.

Beatrice. Verrò con più comodo a riverirvi; per ora, se mi permettete, andrò con Brighella a spedire alcuni piccioli affari che mi sono stati raccomandati. Egli è pratico della città, potrà giovarmi nelle mie premure.

Pantalone. La se serva come che la vol; e se la gh’ha bisogno de gnente, la comanda.

Beatrice. Se mi darete un poco di denaro, mi farete piacere; non ho voluto prenderne meco per non discapitare nelle monete.