Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu/514

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504 ATTO TERZO

Beatrice. (si smaschera) Obbligatissima alle sue grazie. Uomo perfido, scellerato che siete! A questo eccesso vi trasporta una brutale passione? Desiderar la morte di vostra moglie, e forse ancor procurarla per non avere chi vi rimproveri d’un amor disonesto? Eccovi per la seconda volta scoperto, deluso e mortificato. Ma io questa volta ho rilevato l’indegno animo vostro. Voi aspirate alla mia morte, ed io prevalendomi di un tale avviso, ricorrerò per il divorzio; mi dovrete restituire la dote; mi dovrete dar gli alimenti, e lo sapranno i miei e vostri parenti; lo saprà tutta Venezia. Pensateci, che io ci ho pensato. (parte)

Ottavio. Ah, vedo che questo amore vuol essere la mia rovina. Mia moglie è indiavolata. Sarà meglio lasciare questa ragazza. Veramente io son un gran pazzo; far tanti stenti per una donna, in tempo che le donne sono così a buon mercato. (parte)

SCENA XXVI.

Altra camera del marchese Ottavio senza lumi.

La marchesa Beatrice, conducendo per mano al buio Bettina mascherata.

Bettina. Cara Lustrissima, dove mai me menela?

Beatrice. In un luogo, dove sarete sicura dalle persecuzioni di mio marito.

Bettina. E Pasqualin dove xelo?

Beatrice. Ditemi, se Pasqualino venisse a star con voi qui al buio, lo ricevereste volentieri?

Bettina. Oh, lustrissima, no. No la fazza ch’el vegna, per amor del cielo.

Beatrice. Possibile?

Bettina. No certo.

Beatrice. (Eppure io non le credo). (da sè) Oh via, state qui un poco, che or ora verrò da voi.

Bettina. E ho da star a scuro?