Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu/521

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NOTA STORICA

Il carnovale 1749 non poteva segnare maggior trionfo pel nostro Goldoni. Apertasi la stagione al Sant’Angelo con la Vedova scaltra, fini con la Putta onorata, commedia schiettamente popolare come la Buona moglie, che n’è il seguito, e assai importante per ciò che riguarda l’intenzione morale del teatro Goldoniano. Aveva il Goldoni veduto al San Luca una commedia intitolata: le Putte di Castello «il cui soggetto principale era una Veneziana priva d’intelletto, senza costumi, e senza condotta» (Mem., P. II, Cap. IIMemorie di Carlo Goldoni). E pensò di contrapporle la Putta onorata, vero tipo d’onestà e di prudenza, che sa resistere magnificamente alle seduzioni del marchese Ottavio, ben disegnato a impersonare in se stesso la corruzione della nobiltà di gran lunga più profonda che quella popolare, la quale parla e agisce accanto alla Bettina per bocca della favella e del marito di costei. La commedia, contro la quale s’elevò la critica d’allora per il mancato rispetto alle tre famose unità (v. Mem. ibid.Memorie di Carlo Goldoni e F. Galanti, C. Goldoni e Venezia nel sec. XVIII, Cap. V), ed anche «perchè buono dev’essere ordinatamente il costume» come sdottoreggiava il Chiari (v. sue Lettere di varie materie, Venezia, Pasinelli 1752, Tomo III, pp. 145 e 148), piacque immensamente. I barcaiuoli che l’A. avea trovato modo di far assistere allo spettacolo esonerandoli della fastidiosa attesa nei pressi del teatro, vedendosi riprodotti così al naturale, persino nel proprio gergo (cfr. C. Musatti. Il gergo dei barcaiuoli veneziani e C. G., in Ateneo Veneto Genn. Febbr. 1907) «rimasero incantati ed io divenni il maggior loro amico» scrive lo stesso Goldoni. «Ecco adunque la mia riforma già ben avanti. Che felicità! Che piacere per me!» (Mem. ibid.Memorie di Carlo Goldoni).

In quell’anno e nell’anno susseguente, le repliche furono assai; oltre le 22, secondo dice il «Sonetto recitato dalla prima donna in S. Angelo in fine dell’inesto (sic) delle due commedie Putta onorata e Bona Mugier l’ultima sera di carnovale 1750 che servì d’addio» (Museo Civ. di Venezia, Cod. Cicogna 1410 vecchio, pp. 156 e segg.); poi, secondo nota lo stesso Goldoni in una lettera al Bettinelli inviatagli col manoscritto della commedia l'anno 1751 da Torino, «non ebbe la stessa riuscita, appunto perchè rimanendo oscura per metà, non potea più essere gradita interamente». È un fatto che scorrendo parecchie annate della Gazz. Urbana Veneta (1789-1798), m’avvenne di rilevare essersi recitata nella stessa Venezia una volta sola al San Giovanni Grisostomo il 12 dicembre 1789. Nel secolo scorso sappiamo invece che nella parte di Bettina l’Alceste Duse profondeva tutto il tesoro del suo elevato sentimento artistico, come F. A. Bon segnalavasi nella parte di Lelio. La povera Alceste morì ancora giovane nel 1860, e nell’anno medesimo Ignazio Ciampi (ne La vita artistica di C. G., Roma, Tip. b. arti) scriveva che queste due produzioni «che pur formano il più bel poema popolare immaginabile, non sono più nelle masserizie dei comici, e sta bene; perchè dubito che non si confacciano al gusto odierno, non so se troppo falso o troppo squisito». Ma già l’Hagedom aveva giudicato che la P. onor. e la Bona Mug. farebbero onore anche a un Destouches e a un Lachaussee (Sammtl. poetische Werke, Wien, Schräml 1790, 3a parte, pp. 259); Charles Rabany ai tempi nostri scrisse della Putta che «cette charmante pièce» «est honnéte sans étre ennuyeuse. On n’y voit nulle trace de déclamation, ni d’enflure. Tout y est