Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu/91

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L'AUTORE

A CHI LEGGE.


C
ONVIEN dire che io ami la Patria mia veramente, poichè, lontano da essa, tre anni dopo ch’io n’era partito, dovendo scrivere una Commedia, sul gusto della mia nazione ho voluto scriverla.

In mezzo alla Toscana, in Pisa, dove la professione legale mi obbligava a parlare almeno nei Tribunali, comecchè sia, la lingua Tosca, non mi sono dimenticato del mio dolce nativo linguaggio, e poichè non mi riusciva di poterlo continuamente parlare, mi ricreavo scrivendolo di quando in quando.

Dopo la Commedia della Donna di garbo, tre anni stetti in trattenimento con Bartolo, Baldo, il Farinaccio, il Claro ecc. senza più addimesticarmi con la Comica Musa. Ma finalmente la lusinghiera che ella è, ha saputo tirarmi a sè nuovamente, e frutto fu della riaperta pratica nostra la Commedia dei Due Gemelli da me scritta in quel tempo pel valorosissimo Cesare d’Arbes, che solito a recitare colla maschera di Pantalone, sostenne questa mirabilmente a viso scoperto.

L’argomento de’ due simili, sebbene maneggiato da tanti ne’ tempi addietro in tante fogge, mi è paruto atto a produr sempre nuove e non più immaginate Commedie. Quella di Plauto, intitolata i Menecmi, è la fonte universale donde tutti gli altri, che vennero poi, cavaron le loro. L’illustre Gio. Giorgio Trissino vicentino, gloria e splendor della Italia, per aver egli condotto il primo a calcare le nostre Scene il tragico coturno colla famosa sua Sofonisba, ha voluto ricondurvi anche il socco, trattando questo stesso argomento nella Commedia de’ Simillimi, nella quale imitò il gran latino scrittore, come se ne dichiara egli stesso al Cardinal Farnese scrivendo: laonde, dic’egli, avendo tolto una festiva invenzione da Plauto, vi ho mutati nomi, ed aggiuntevi persone, ed in qualche