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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA.

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Florindo. Voi siete il maestro che m’insegna a giocare e a scrivere le lettere amorose.

Ottavio. Omnia tempus habent. Quando è tempo di giocare, si gioca. Ora è tempo di pensare a riformare i costumi.

Florindo. Pensate a riformare i vostri, che ne avete più bisogno di me.

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SCENA II.

Pantalone e il Dottore.

Pantalone. Dottor caro, son travagià.

Dottore. So la causa del vostro travaglio. Son padre ancor io e vi compatisco.

Pantalone. Savè donca cossa che m’ha fatto Lelio mio fio.

Dottore. Lelio vostro figlio non è capace d’una simile iniquità.

Pantalone. L’aveu visto? Saveu dove ch’el sia?

Dottore. L’ho veduto e so dov’egli è.

Pantalone. Sia ringrazia el cielo. Sentì, amigo, ve confido el mio cuor. Tresento scudi i me despiase, ma finalmente no i xe la mia rovina. Me despiase perder un fio che fin adesso no m’ha dà altri travagi che questo; un fio, che me dava speranza de sollevarme in tempo de mia vecchiezza.

Dottore. Credete veramente che Lelio v’abbia portati via li trecento scudi?

Pantalone. Pur troppo la xe cussì. Altri che elo no li pol aver tiolti. Missier Fabrizio m’ha assicurà che a Lelio l’ha consegna i bezzi, e questa xe la fattura de le monede. (mostra un foglio)

Dottore. Ed io credo che sia innocente.