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L’AUTORE
A CHI LEGGE.1
Osservate però che dopo il primo e secondo anno non ho lasciato le Maschere in libertà, ma dove ho creduto doverle introdurre, le ho legate a parte studiata, mentre ho veduto per esperienza, che il personaggio talora pensa più a se medesimo che alla Commedia; e pur che gli riesca di far ridere, non esamina se quanto dice convenga al suo carattere e alle sue circostanze; e sovente, senza avvedersene, imbroglia la Scena e precipita la Commedia.
Io sono costantissimo a non voler dir nulla sopra le mie Commedie2; e molto meno a volerle difendere dalle critiche, che hanno con ragione o senza ragione sofferte. Ho letto il libro ultimamente uscito alla luce, e con una risata ho terminato di leggerlo. Può bene parlar degli altri chi non la perdona a se stesso, ed io sono molto contento di trovarmi colà in un fascio con Plauto, con Terenzio, con Aristofane e con cent’altri ch’io non ho letto, sic-
- ↑ Precedono nell’ed. Paperini di Firenze (t. IV, 1753) le seguenti parole: Questa Commedia, che tiene il luogo di XVII nel Quarto Tomo della presente Edizione, era la X nel Tomo Terzo della edizione di Venezia, e siccome io era in Ferrara, allora quando la ridussi in istato di potersi dare alle stampe, l’accompagnai all’Editore con una Lettera, che fu poi da esso stampata in fronte della Commedia medesima, e di cui darò qui un estratto di quella parte che può essere più interessante. - In essa (Commedia) non ho fatto altro ecc.»
- ↑ Segue qui una nota nell’ed. Paperini: «Quantunque avessi così proposto nella prima Edizione, per liberarmi dalla maggiore fatica, osserverà il Lettore che in questa mia Fiorentina qualche cosa ho fatto di più, ed in alcuna prefazione mi sono esteso. Qui aggiungerò soltanto aver io rilevato ecc. ecc. ai rapporti maligni della servitù»: vedi l’ultimo capoverso nella pagina che segue.