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420 ATTO PRIMO


pidezze frammischiate con tanta grazia nelle cose più serie, senza punto pregiudicare alla gravità della disputa, non incantano, non innamorano?

Alberto. Quando le xe nicchiade con artifizio, dite con naturalezza, senza offender la modestia o la carità, le xe tollerabili.

Lelio. Certo è una cosa di cui tutti i forestieri ne parlano con ammirazione e con maraviglia.

Alberto. Ma, caro amigo, troppo tempo m’avè fatto perder inutilmente. Ve prego, lasseme studiar.

Lelio. Via, studiate, e poi anderemo dalla signora Beatrice. Poco manca alla sera.

Alberto. Sta siora Beatrice la ve sta molto sul cuor.

Lelio. È una donna tutto spirito.

Alberto. No la staria ben con vu.

Lelio. Perchè?

Alberto. Perchè so che vu se un omo tutto carne.

Lelio. Bene, il di lei spirito correggeria la mia carne.

Alberto. Se el spirito moderasse la carne, felice el mondo: el mal xe che la carne fa far a so modo el spirito.

Lelio. Voi siete diventato molto morale. Da quando in qua vi siete dato allo spirito?

Alberto. Dopo che la carne m’ha fatto mal.

Lelio. Quando è così, vi compatisco. Vi lascio nella vostra libertà. Anderò a vedere come sta Flaminia mia sorella.

Alberto. Reverila da parte mia. Diseghe che ghe auguro bona salute.

Lelio. Lo farò senz’altro. A rivederci stassera. (parte)

SCENA II.

Alberto solo.

Animo, a tavolin; fenimo de far el summario delle rason. Mo gran bel ritratto! Mo el gran bel visetto! No ho mai visto un viso omogeneo al mio cuor, come questo. No vorave che sto ritratto me devertisse dalla mia applicazion. Via, via, mettemolo qua´