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L'AVVOCATO VENEZIANO 495

Colombina. Sei un buffone.

Beatrice. Ed io non posso sapere come sia la cosa. (si sente picchiare) È stato picchiato. Colombina, va a vedere.

Colombina. Vado subito. Se la signora Rosaura ha vinto, mi darà la mancia.

Arlecchino. La spartiremo metà per un.

Colombina. Sì, come hai spartiti li due zecchini. (parte)

Beatrice. Che cosa dice di due zecchini?

Arlecchino. Che dirò mi. La sappia che i do zecchini... siccome el candelier del sior Conte Ottavio; anzi, per la sentenza del signor Dottor Balanzoni, i ho trovadi mi; e Colombina, per amor delle faccende de casa... Ma no, la sappia che mi1 son omo onorato, che el candelier l’era sul tavolin, e così...

Beatrice. Va al diavolo, sciocco.

Arlecchino. Servitor umilissimo. (parte)

SCENA VI.

Beatrice, poi Alberto, poi Colombina.

Beatrice. Costui non sa mai quel che diavol si dica. Ma ecco il signor Alberto2.

Alberto. Ghe domando scusa, se me son preso l’ardir d’incomodarla.3

Beatrice. E bene, come è andata la causa?

Alberto. La causa l’ho guadagnada, ma ho perso el cuor.

Beatrice. E la povera signora Rosaura ha persa la lite?

Alberto. E la povera signora Rosaura ha perso la lite, (sospira)

Beatrice. Sì, fate come il coccodrillo, che uccide e poi piange.

Alberto. Se la vedesse qua dentro, no la dirave cussì.4 Son qua da ela, za che la gh’ha tanto amor per siora Rosaura e tanta bontà per mi, son qua a pregarla con tutte le vissere, con tutto

  1. Bett. e Pap.: Ma sti do zecchini, la sappia, siora, perchè mi ecc.
  2. Bett. e Pap. aggiungono: da esso potrò rilevare la verità.
  3. Segue nelle edd. Bett. e Pap.: Un affanno crudel me sprona a vegnirme a sfogar con ela, za che la xe a parte de quell’amor infelice che passa tra siora Rosaura e mi.
  4. Segue nelle edd. Bett. e Pap.: «Beatr. Ma, signor Alberto, che pass’io far per servirvi? Alb. Son qua da ela ecc.»