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IL PADRE DI FAMIGLIA 51


liberamente. Per quanto so, la ragazza è savia e modesta; ma siccome voi altre donne sapete tutte le ciarle e i fatti delle case, ditemi se vi è cosa alcuna che possa guastare un tal parentado.

Beatrice. Anzi io so di certo che la signora Eleonora è molto propria e civile, d’ottimi costumi e di buono aspetto; e poi, se avesse qualche difetto, sotto la mia educazione si correggerà facilmente. Ma ditemi una cosa, che mi preme assai più. A quali de’ due figliuoli pensate voi di dar moglie?

Pancrazio. A Lelio.

Beatrice. Sarebbe una gran cosa se maritaste il secondo invece del primo?

Pancrazio. Non posso far questo torto al primogenito.

Beatrice. Quanto a questo, me ne rido. Li potete ammogliar tutti e due.

Pancrazio. La moltiplicità de’ matrimoni rovina le famiglie; onde per conservarle basta che uno si mariti.

Beatrice. A voi preme di dare stato a Lelio, a me di dare stato a Florindo. Tutti e due possiamo esser contenti.

Pancrazio. Come? Tutti e due possiamo esser contenti? Che maniera di parlare è questa? Le premure della moglie non hanno da esser diverse da quelle del marito. Sono ambedue miei figli; a me tocca a pensarvi, e voi non vi dovete impacciare in simili cose.

Beatrice. Florindo l’ho fatto io.

Pancrazio. Bene, dopo messo al mondo, avete finito; il resto tocca a me.

Beatrice. Voi non pensate ad altri che al primo; e sapete perchè? Perchè alla prima moglie volevate tutto il vostro bene. Io sono da voi mal veduta. Pancrazio, io vi voglio bene: ma, per parlarvi col cuore in mano, se voi aveste quelle buone parti che aveva la mia prima moglie, ve ne vorrei ancora di più.

Beatrice. Ecco qui la solita canzone, sempre in mezzo la buona memoria della prima moglie.

Pancrazio. Oh! Ella non mi diceva mica: a voi preme questo,