Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, IV.djvu/146

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138 ATTO PRIMO

Beatrice. (Cara amica, quanto vi sono tenuta). (piano a Clarice)

Clarice. (Lo fo unicamente per voi). (piano a Beatrice)

Onofrio. Ditemi, fate mai venir del salvaggiume dal vostro paese1? (a Rosaura)

Rosaura. Sì signore, spessissimo. Anzi ieri sera mi hanno mandato delle starne2.

Onofrio. Oh buone!

Rosaura. Due fagiani3.

Onofrio. Oh cari!

Rosaura. E due cotorni4.

Onofrio. Oh vita mia!

Rosaura. Se volete venir questa sera a favorirmi, li mangeremo insieme.

Onofrio. Sì, vengo, vengo. Quando si tratta di salvaggiume, non mi fo pregare.

Rosaura. Se queste dame si degnassero, lo riceverei per onore 5.

Beatrice. Non ricuserei le vostre grazie, ma non so se la contessa Clarice vorrà venire all’albergo.

Clarice. Cara contessa Beatrice, queste cose non si dicono nemmeno.

Onofrio. Facciamo una cosa. Mandate qui, e si cenerà qui da noi. (a Rosaura)

Rosaura. Questo sarà per voi troppo incomodo.

Onofrio. Niente affatto. Staremo meglio, e con libertà.

Rosaura. E la signora contessa Clarice ci sarà?

Beatrice. In casa mia spererei non dicesse di no.

Clarice. Quando non vi sia soggezione, verrò volentieri.

Onofrio. A tavola non ha da venir altri: siamo anche troppi.

Servitore6. Illustrissima, è qui la sua carrozza. (a Clarice)

Clarice. Contessa, a rivederci. (a Beatrice)

Beatrice. Ricordatevi che vi aspettiamo.

Clarice. Verrò senz’altro.

  1. Bett.: del pesce da Livorno?
  2. Bett.: una palamida.
  3. Bett.: Quattro lucerne di due libbre l’una.
  4. Bett.: E due pancette di tonno.
  5. Segue nell’ed. Bett.: «Onof. Facciamo una cosa ecc.».
  6. Qui comincia nell’ed. Bett. la sc. XXI, ultima del I Atto.